Coordonatori: Sorin BOCANCEA și Sabin DRĂGULIN
Volum VI, Nr. 1 (19), Serie noua, decembrie 2017 – februarie 2018
Inegalitatea de gen în carierele academice italiene: Academia ca loc al rezistenței sau al schimbării?
[Gender inequality in Italian academic careers: Academia as a place of resilience or change?]
Alessandra Desiderato
Abstract
This research examines gender inequality in Academia, focusing on Italy within the European context. It uses comparative analysis to explore how academia reflects societal norms and labour market trends, showing both resistance and progress toward gender equality. Methodologically, it relies on data from reports like She Figures, Gea-Gendering Academia, Gender Budgets of Italian universities, MindtheGeps project research, and a 2021 case study in the Department of Political Science (UniBa). The study investigates structural and cultural barriers to gender equality, considering leadership representation, wage disparity, the Glass Door Index, the Glass Ceiling Index, and gender-based power dynamics. It provides a national perspective on global issues, reviewing policies and practices shaping gender equality in Italian higher education. Additionally, it examines the concept of institutional “resilience” and highlights Academia’s potential role as a social change agent, promoting intersectional gender equality and offering recommendations for inclusive and sustainable transformation.
Keywords: gender equality, Academia, resilience, change, career, work-life balance, Italy.
Introduzione
Nonostante gli sforzi volti a mitigare la diseguaglianza di genere, questa asimmetria continua a permeare tutti i settori socio-economici. In particolare, l’ambiente accademico italiano riflette persistenti dinamiche di potere, manifestando tanto progressi, quanto resistenze al cambiamento. Secondo alcuni dati[1], sebbene la quota di donne nel corpo accademico europeo sia aumentata (nel 2019 le donne costituiscono circa il 40% del personale accademico), la loro presenza diminuisce drasticamente nei livelli più alti della gerarchia universitaria (circa il 26% delle posizioni “grade A” ovvero “professori ordinari”), evidenziando un chiaro divario di genere nell’andamento delle carriere.
In Italia, nonostante le studentesse superino gli studenti in termini numerici nel percorso degli studi, al di là della segregazione orizzontale presente nella scelta dei settori disciplinari, tale vantaggio si inverte nel corso delle carriere post-dottorato. Le politiche attuate, comprese quelle emanate dall’Unione Europea e dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR), come i Piani di Parità di Genere (Gender Equality Plans – GEP), sono servite solo in parte per affrontare queste disparità, e il loro impatto rimane infatti limitato di fronte a ostacoli strutturali e culturalmente radicati.
Nelle pagine che seguono, attraverso una breve analisi dei risultati del progetto MINDtheGEPs, ed a fronte delle recenti politiche e delle dinamiche socio-culturali concernenti le Università italiane, si cercherà di comprendere quali azioni l’Accademia possa attuare per diventare un ambiente più equo. Verranno esplorati due aspetti fondamentali: da un lato la “resilienza”, che trova spazio nell’analisi della resistenza dell’istituzione accademica al cambiamento, essendo essa stessa parte strutturale e veicolo del pensiero neoliberale; dall’altro, il ruolo che l’Accademia può giocare come agente di cambiamento sociale, proponendo approcci innovativi per contrastare le barriere di genere in modo sostenibile e intersezionale.
Dal punto di vista metodologico, si considereranno i dati forniti da report come She Figures, Gea-Gendering Academia, i Bilanci di Genere delle Università italiane, le ricerche del progetto MINDtheGEPs e lo studio di caso del Dipartimento di Scienze Politiche effettuato dalla sottoscritta nel 2021. Inoltre ci si impegnerà ad utilizzare un linguaggio il più “inclusivo” possibile, pur consapevoli che alcuni simboli come “asterisco” o “schwa” potrebbero ostacolare la lettura fluida di alcune persone, per cui si è deciso di non adoperarli.
Basandosi sui progetti MINDtheGEPs (Modifying Institutions by Developing Gender Equality Plans finanziato dal programma Horizon 2020) e GEA – Gendering Academia, si intende utilizzare una prospettiva di analisi multilivello: macro (regole e norme), meso (organizzazioni) e micro (individui). A titolo esplicativo, per “livello micro” si intende tutto ciò che riguarda lo sviluppo dell’identità di genere, la socializzazione, le esperienze personali e familiari che influenzano, anche indirettamente, la propria carriera accademica (ad esempio, la scelta del settore scientifico). Il “livello meso” si riferisce all’interazione dinamica tra individuo e il suo contesto sociale, esplorando come aspetti culturali e relazionali si intrecciano e si ripercuotono sulla vita della singola persona. Un esempio sono i pregiudizi e gli stereotipi legati al ruolo di genere normativo, come le caratteristiche culturalmente associate a un immaginario relegato al binarismo di genere, che creano invisibili divisioni tra genere maschile e femminile, aspettative di genere e di ruolo nella società. Si pensi all’associazione dei ruoli di leadership al genere maschile, che sono influenzati e influenzano direttamente le interazioni con le altre persone e la cultura organizzativa universitaria. Infine, il “livello macro” fa riferimento alla dimensione istituzionale come norme e consuetudini.
A che punto siamo? Il monitoraggio della gender equality nel contesto italiano
Troppo spesso anche nella raccolta dei dati sulla diseguaglianza di genere viene utilizzato un approccio gender mainstream, omettendo l’intersezione delle diseguaglianze e delle discriminazioni, che ne moltiplica l’effetto negativo. Anche la Commissione europea nell’ultimo Report sulla diseguaglianza di genere (2023) evidenzia come tendenzialmente nelle analisi vengano completamente invisibilizzate determinate soggettività, quali le persone con disabilità e le persone razzializzate, sottolineando che è necessario considerare questi aspetti identitari sia nella raccolta dei dati sia nelle politiche. Bisogna notare che nel report non vengono comunque citate le persone transgender e/o le identità non normative (ad es. queer). Questi aspetti non vengono presi in considerazione anche nei bilanci di genere (Gender Budgeting – GB) e nei Gender Equality Plan (GEP), dove raramente compaiono le persone con disabilità e ancora una volta sono assenti le identità non normative. Inoltre nell’analisi del contesto italiano è necessario partire dall’accessibilità ai dati. La mancanza di un registro centrale di tutti i GEP e GB non aiuta nell’individuazione delle best practices e non fornisce una rappresentazione esaustiva della situazione accademica italiana. Senza dati, del resto, non si possono progettare policy che tengano realmente conto del contesto di rifermento e ne favoriscano la trasformazione. Nonostante il CRUI (Conferenza dei Rettori delle Università Italiane) abbia fornito un quadro di riferimento per la stesura del Bilancio di Genere già nel 2021, tramite un apposito Vademecum, solo circa la metà degli atenei italiani ha effettivamente redatto almeno un bilancio. Ciononostante, la presentazione periodica del GB non è ancora una prassi consolidata. Manca inoltre un osservatorio nazionale per la parità di genere che si dovrebbe occupare di consulenza e supporto nell’elaborazione e attuazione di politiche per la parità di genere, nonché attività di ricerca e monitoraggio sulle condizioni della parità di genere negli ambiti di competenza, come l’osservatorio del Ministero della Cultura, che sembra essere fermo dal 27 marzo 2023, data dell’ultima riunione reperibile sul sito ufficiale. In parte questo ruolo è ricoperto dal Comitato Unico di Garanzia (CUG – istituito per legge dall’art. 57 del D. Lgs. 165/2001 in tutte le pubbliche amministrazioni), l’organo che opera all’interno delle amministrazioni italiane per prevenire ogni forma di discriminazione e di violenza sul lavoro. Tale organo è incaricato di svolgere funzioni propositive, consultive e di verifica riguardo le politiche di pari opportunità e benessere organizzativo. Spesso però emergono criticità nei confronti dei CUG, tra cui la difficoltà di attuare effettivamente le iniziative proposte insieme alla mancanza di risorse e di supporto che possono limitare la loro efficacia. Inoltre, la variabilità nel livello di attivazione e di impegno tra diversi CUG può influire sull’uniformità delle azioni di pari opportunità su scala nazionale. Esistono, peraltro, anche spazi di cooperazione come la Conferenza Nazionale degli Organismi di Parità delle Università italiane, che costituisce una rete di coordinamento, alla quale si può aderire facoltativamente, in grado di aggregare le/i rappresentanti dei Comitati universitari dedicati alle pari opportunità con l’obiettivo di facilitare la collaborazione inter-universitaria e condividere pratiche per promuovere la cultura di genere e combattere le discriminazioni nel contesto accademico.
L’introduzione del GEP da parte dell’Unione Europea come requisito per la partecipazione al programma Horizon Europe rappresenta un passo significativo per spingere le Università ad interrogarsi sulla parità di genere ed a re-immaginarsi. Tuttavia, le istituzioni mostrano ancora una certa resilienza alle trasformazioni. Per evitare il rischio che il Bilancio di Genere ed i GEP siano semplici adempimenti burocratici privi di reale significato, potrebbe essere utile un database nazionale ed europeo, trasparente ed accessibile, per incentivare il confronto tra le università nel monitoraggio della raccolta dei dati e per uniformare gli indici. La raccolta di dati senza un chiaro scopo e un piano di utilizzo concreto rischia di essere inutile e dispersiva. In questo contesto MINDtheGEPs rappresenta un progetto pilota da cui prendere esempio.
Grazie al progetto MINDtheGEPs è stata costruita una base per i piani di parità di genere (GEP) nelle organizzazioni che si occupano di ricerca. Dai risultati sono state elaborate delle raccomandazioni che includono azioni strutturali e culturali mirate a rimuovere le barriere al reclutamento e alla progressione di carriera delle ricercatrici, migliorare l’equilibrio tra lavoro e vita privata, affrontare gli squilibri di genere nei processi decisionali e rafforzare la dimensione di genere nella ricerca e nell’insegnamento. Tra queste, si evidenziano la necessità di contratti di ricerca con sicurezza lavorativa ed incentivi economici per i Dipartimenti a predominanza maschile che assumono o promuovono donne e soggettività non normative. È inoltre fondamentale cambiare la cultura prevalente nella scienza, mostrando i suoi limiti non solo per le donne, ma per l’intera organizzazione, riducendo lo stress e promuovendo un ambiente di ricerca più collaborativo e creativo. Si propone di mitigare la penalità da cura attraverso la riduzione del carico didattico o burocratico al rientro dalla maternità e l’espansione degli accordi con i servizi di assistenza all’infanzia o agli anziani, oltre a programmi di mentoring e formazione destinati a sfidare la norma che vede la devozione al lavoro e la sovrapproduzione come valori positivi.
L’Accademia italiana tra riforme e cultura organizzativa
Negli ultimi due decenni, il sistema universitario italiano ha subito significative riforme legislative, in particolare con la legge Moratti del 2005 e la legge Gelmini del 2010. Queste riforme si inseriscono in un contesto istituzionale che mira a porre il mondo della ricerca a disposizione del mercato del lavoro, con l’obiettivo di aumentare l’efficienza, contenere i costi e migliorare la produttività. La spinta verso la cosiddetta terza missione rende visibile anche all’occhio meno attento questa nuova impostazione dell’Accademia. La legge Moratti ha introdotto le figure delle ricercatrici e dei ricercatori a tempo determinato, segnan[1]do un cambiamento significativo nel modello di carriera accademica, orientato verso una maggiore flessibilità e precarizzazione. La riforma Gelmini ha poi proseguito su questa linea, ristrutturando ulteriormente il reclutamento e la progressione di carriera mediante l’introduzione dell’Abilitazione Scientifica Nazionale (ASN) come prerequisito per l’accesso ai ruoli di professoresse/i associate/i ed ordinarie/i. Attraverso questi cambiamenti si è intensificato il divario di genere nei ruoli accademici nelle fasce iniziali della carriera, come evidenziato dall’aumento delle difficoltà per le donne di accedere alla posizione di RTD-B, che offre maggiore stabilità rispetto agli assegni di ricerca e RTD-A[2]. Questo sistema anticipa la scrematura delle donne, ostacolando la loro progressione già nelle fasi iniziali di carriera. Inoltre, la riforma ha modificato i criteri di finanziamento delle Università, sollecitando il passaggio da un modello basato sulla spesa storica a uno incentrato su standard di costo per le e gli studenti e su componenti premiali. In aggiunta, il sistema dell’ASN ed i concorsi locali hanno accentuato ulteriormente l’importanza delle reti informali. Secondo il lavoro di Granovetter[3], le reti basate su legami deboli sono essenziali per la diffusione di informazioni per le opportunità di avanzamento professionale. Tuttavia, queste reti tendono a favorire gli uomini, specialmente in ambiti tradizionalmente dominati da figure maschili, dove gli old boys networks[4] offrono accesso preferenziale a risorse ed informazioni[5]. La disparità nell’accesso a questi network contribuisce a perpetuare le disuguaglianze esistenti e limita le opportunità per le donne nel raggiungere posizioni di alto livello nell’accademia. La situazione è ulteriormente aggravata dai sistemi di premialità introdotti dalle nuove riforme per incentivare la competitività accademica che non tengono conto delle disparità di partenza tra i generi. Il modello valutativo, che enfatizza la produttività quantitativa, penalizza coloro che, anche a causa di responsabilità di cura, non riescono a mantenere ritmi di pubblicazione elevati. Le ricadute maggiori sono per le donne, che spesso si trovano a gestire un maggior carico di lavoro di cura.
Il fenomeno della leaky pipeline, ovvero la progressiva perdita di donne lungo il percorso di carriera, ne rappresenta un possibile effetto dovuto sia dalle scelte individuali sia dalle norme sociali di genere che le influenzano[6]. Infatti, varie ricerche avanzano l’ipotesi di un maggiore lavoro delle donne nell’academic housework, ovvero mansioni come l’insegnamento, tutoraggio e tutte quelle attività di cura necessarie per il funzionamento delle Università, ma che non vengono riconosciute o valorizzate dalle logiche premiali. In questo senso è interessante citare il caso del dipartimento di Scienze Politiche (UniBa) dove, secondo la ricerca svolta nel 2021 sulla diseguaglianza di genere, si è dimostrato che nonostante il Glass Door Index fosse tra i minori in Italia nell’area delle scienze sociali, la rappresentanza femminile nei ruoli decisionali di leadership (Glass Ceiling Index) era assente ad eccezione di ruoli prettamente amministrativi caratterizzati da un rapporto di tutoraggio e di orientamento a studenti (delega Erasmus o Job Placement) o ruoli apicali ma pur sempre con una matrice riconducibile al lavoro di cura che ne legittima la posizione, ad esempio la figura della “Coordinatrice dei corsi di studio”, per la prima volta di genere femminile nel 2021, ma il cui ruolo accademico è strettamente collegato alla didattica. D’altronde i numeri riguardo la rappresentanza femminile nei ruoli di governo accademico come i rettorati sono ancora allarmanti, nel 2022 su 99 cariche si registrano solo 12 rettrici[7]. Le donne rimangono ancora fortemente sotto-rappresentate.
Un altro caso interessante riguarda la ricerca svolta da Carriero, Coda Zambetta e Tomatis (2023) che si interroga sul fenomeno della leaky pipeline nel percorso accademico delle/ei dottoresse/i di ricerca analizzando i dati dal 1986 al 2006 (periodo in cui era obbligatorio depositare la propria tesi di dottorato presso BNCF). Infatti è noto che vi è una significativa presenza di donne con il titolo del Dottorato di ricerca, ma questa presenza non si riflette proporzionalmente nei ranghi più elevati della carriera universitaria, né tantomeno nei primi contratti di accesso alla stabilizzazione come RTD-B. Tale gap tra il conseguimento del titolo di dottorato e l’accesso a posizioni fisse nelle istituzioni accademiche solleva diversi interrogativi come il ruolo della mentorship/sponsorship, la disponibilità alla mobilità e la predisposizione alla ricerca. Lo studio suggerisce che la mentorship durante il dottorato gioca un ruolo cruciale: supervisor con posizioni consolidate (ordinarie/i) possono offrire un supporto decisivo per l’avanzamento nella carriera, non solo nella trasmissione dei valori e l’accesso al proprio network ma anche legittimando innanzi ai peers la/il dottoranda/o attraverso le pubblicazioni co-autorate (Carriero, Coda Zambetta, Tomatis 2023). Inoltre, è molto interessante niil dato fornito dal survey del progetto MINDtheGEPs concernente la differente percezione non tanto con una distinzione di genere, ma piuttosto di ruolo. Infatti, early carrer (EC) e advanced carrer (AC) hanno una visione differente delle caratteristiche e dei valori fondamentali per il reclutamento e la progressione di carriera e tale scarto emerge anche nelle interviste qualitative semi-strutturate dello stesso progetto. Analizzando positive belief (credenze positive) e normative belief (credenze normative) si è notato che la percezione del contesto accademico degli intervistati è diversa: secondi gli EC, per ottenere un posto da RTB-B quello che “conta” (positive belief) è “mettere al primo posto il lavoro”, “pubblicare molto”, “dedicarsi principalmente alla ricerca e second. all’insegnamento”, “essere interni al dipartimento”. Mentre gli AD attribuiscono meno importanza allo sponsoring, percependo come prevalente il modello meritocratico[8]. L’enfasi posta dagli EC sullo sponsoring e sulla pubblicazione di un elevato numero di articoli scientifici indica la loro adesione all’unconditional work model. Il modello promuove una cultura meritocratica in cui il successo è determinato principalmente dai risultati ottenuti. Le percezioni riportate suggeriscono una struttura dell’ambiente accademico fortemente influenzata dal mercato neo-liberale, dove il detto “publish or perish” governa e modella le Università e chi le vive. D’altra parte né la mobilità geografica, ovvero il cambio di Ateneo al termine del dottorato, né le preferenze individuali nel continuare a lavorare nel mondo accademico o spostarsi in altri settori come il no-profit, sembrano incidere sul divario di genere nell’avanzamento accademico. Nel survey si nota come gli EC credono che “dovrebbe contare” (normative belief) molto di più “avere avuto esperienze significative all’estero”, ma attualmente “non conta” molto. Ancora una volta il problema principale non sembra essere la propensione alla mobilità differente per genere.
Infine l’indagine presentata dal progetto MINDtheGEPs fornisce anche un’analisi dettagliata sulle percezioni riguardanti la parità di genere nel contesto accademico, suddividendo i risultati in base a genere e settore disciplinare (STEM/SSH). I risultati mostrano che, per quanto riguarda la convinzione che le donne debbano avere prestazioni superiori agli uomini per essere riconosciute come competenti nel loro lavoro, gli uomini in ruoli non strutturati (EC) sono più inclini a concordare con questa affermazione rispetto alle donne in posizioni equivalenti. Allo stesso modo, vi è un’alta consapevolezza dei meccanismi di supporto in caso di preoccupazioni legate alla parità di genere, soprattutto tra le/i professor-esse/-i ordinari (PO), anche se sono i ricercatori a dimostrare la maggiore conoscenza di tali strumenti. Ancora una volta c’è da sottolineare come le percezioni sulla parità di genere varino non solo in base al genere ma anche in base al ruolo accademico, evidenziando un certo ottimismo tra gli uomini, in particolare tra i professori ordinari, riguardo l’impegno dei dipartimenti nella promozione della parità di genere e nell’equa presenza di uomini e donne nelle posizioni senior. Tuttavia, le donne, in generale, sembrano meno convinte del fatto che i loro dipartimenti si adoperino concretamente per questa causa.
Confrontando la situazione italiana con quella europea, emerge che anche se molti paesi dell’UE hanno intrapreso riforme simili a quelle italiane per promuovere la meritocrazia e l’efficienza, l’Italia si distingue per l’intensità e la rapidità delle sue riforme, che hanno avuto effetti ambivalenti anche all’interno del sistema di governance universitario. Queste riforme cercando di rispondere a esigenze di modernizzazione si sono adeguate al mercato neo-liberale e al contesto transnazionale capitalistico, accentuando la precarietà di carriera, soprattutto per le nuove generazioni. Così c’è stato un peggioramento con possibili effetti di discriminazioni multiple per le donne[9], che si trovano spesso svantaggiate nelle fasi iniziali di stabilizzazione della loro carriera accademica ma sono anche soggette, ad esempio, alle disparità territoriali Nord-Sud Italia. Questa riorganizzazione universitaria non ha adeguatamente considerato l’impatto delle riforme sulla parità di genere, perpetuando invece dinamiche che mantengono le donne in una posizione di svantaggio. È essenziale che future politiche promuovano non solo la parità di accesso ma anche il sostegno attivo attraverso misure che riconoscano e compensino le barriere legate al lavoro di cura e all’estrema precarizzazione della carriera accademica. Solo così sarà possibile realizzare un ambiente equo. Il decreto Milleproroghe del 30 dicembre 2023 n° 215, convertito in legge negli ultimi mesi, modifica ancora una volta il reclutamento del personale di ricerca e docente. Mirando ad una maggiore interdisciplinarietà, propone la sostituzione di 370 aree disciplinari con gruppi più ampi e prevede la trasformazione degli assegni di ricerca, RTD-A e RTD-B in contratti di collaborazione scientifica con migliori condizioni contrattuali e di previdenza sociale. Questi contratti potrebbero confluire in un ruolo unico da ricercatore a tempo pieno (RTT), con una durata massima di sei anni e l’obiettivo di raggiungere la posizione di associato previa valutazione. È possibile che le nuove protezioni contrattuali rendano più stabile la carriera accademica intaccando l’attuale sistema di precarizzazione istituzionalizzata. Sarà comunque necessario del tempo per valutare appieno l’impatto della nuova riforma, specialmente in termini di equità di genere e bilanciamento vita-lavoro.
Pensandoci persone oltre l’Accademia
In Italia, la maternità rappresenta un significativo punto di tensione nel bilanciamento tra responsabilità lavorative e familiari, anche nel mondo accademico. Nonostante il crescente riconoscimento delle problematiche legate alla “conciliazione vita-lavoro”, le donne continuano a subire notevoli difficoltà. In Italia nel 2023 il tasso di occupazione totale delle donne tra i 25 e i 54 anni è 63,8%, dato che peggiora per le donne con figli, rispettivamente 57,8% con due figli minori e 64,9% con un figlio minore. La presenza di figli porta un notevole divario: solo il 4,8% dei padri con figli minori risulta inattivo, mentre rimane diffusa l’inattività tra le donne con figli, coinvolgendo il 33% delle madri con figli minori[10]. Inoltre molte donne lavoratrici sono impiegate in posizioni part-time, a causa degli impegni familiari. La situazione è peggiorata dalla carenza di servizi di supporto, come asili nido accessibili e gratuiti. Il lavoro di cura, che comprende la gestione delle esigenze quotidiane dei bambini e altri membri della famiglia, spesso ricade sulle spalle delle donne, influenzando negativamente la loro presenza e progressione nel settore lavorativo. In contesti accademici, questo onere può limitare notevolmente la partecipazione delle donne a opportunità professionali, in particolare nelle posizioni di leadership, dove la flessibilità oraria potrebbe non essere sufficiente per mitigare gli impatti di tali responsabilità[11]. Varie ricerche evidenziano come l’intensificarsi del lavoro accademico vada spesso a discapito della vita personale, con orari di lavoro che si estendono in serate e fine settimana, complicando ulteriormente la conciliazione con la vita familiare[12]. Il carico del lavoro di cura viene lasciato alla competenza individuale senza rilevarlo come bisogno di tutta l’organizzazione universitaria. In questo modo non si considera sia il divario tra le persone che vengono da background economici differenti, soprattutto nelle posizioni precarie, sia tutt-e/-i coloro che non hanno una rete familiare di supporto, e quindi non hanno la possibilità di esternalizzare in alcun modo il lavoro di cura. Si dovrebbero sviluppare misure che riconoscano il valore del lavoro di cura e che allo stesso tempo promuovano una reale condivisione delle responsabilità familiari tra i generi, ad esempio estendendo l’obbligatorietà del congedo parentale. Investimenti significativi in servizi di sostegno, come asili nido e altre infrastrutture per la prima infanzia, sono molto importanti, sebbene assenti nella maggior parte delle Università italiane. Parimenti, politiche come il Family Act (legge 32/2022) e iniziative per l’uguaglianza salariale stanno cercando di indirizzare queste problematiche, ma è necessario un impegno costante per assicurare che tali politiche siano efficaci e che contribuiscano a creare un ambiente di lavoro più equo e sostenibile per tutti (Save the Children, 2024). Infine le strategie organizzative dovrebbero mirare a creare modelli di organizzazione del lavoro accademico più plurali in modo tale da rispondere ai vari bisogni del personale universitario, favorendo un reale bilanciamento tra accademia e resto della vita, che non si limiti al rapporto casa-lavoro, né solo agli obblighi famigliari. Diverse ricerche evidenziano come la pandemia e l’estrema flessibilità lavorativa universitaria hanno influenzato negativamente la qualità della vita non solo di coloro che presentavano un carico di cura oneroso tra le mura familiari, ma anche le persone con un solo componente nel nucleo famigliare. Incorporare la tecnologia per facilitare modalità di lavoro flessibili può essere una strategia per ridurre i conflitti tra lavoro e vita privata[13]. Tuttavia è necessario cambiare la cultura organizzativa alla base dato che queste innovazioni non devono indurre una maggiore erosione della distinzione tra casa e lavoro, mantenendo il rispetto per il tempo personale. Infine, riconoscere e valorizzare il lavoro di cura come componente fondamentale del benessere e della produttività individuale non solo rafforza il tessuto sociale all’interno delle istituzioni, ma promuove anche modelli di comportamento che sostengono l’equità di genere e la diversità culturale. Questi cambiamenti possono aiutare a creare un ambiente innovativo e meno resiliente, modificando la cultura organizzativa basata sulla logica meritocratica e della performance, e istituzionalizzando valori come la collaborazione e l’importanza dei bisogni collettivi. Un ambiente di lavoro dove tutti i membri si sentono valorizzati e in grado di contribuire pienamente alla missione educativa e di ricerca dell’istituto.
Conclusioni
L’accademia italiana, come molte altre nel mondo, ha dimostrato una notevole resilienza al cambiamento dei bisogni della società, mantenendo spesso una struttura sessuata al maschile che perpetua le disuguaglianze di genere. Tuttavia, iniziative come il progetto MINDtheGEPs offrono una strada verso un futuro più equo e inclusivo. Raccogliendo e analizzando dati, il progetto ha identificato le barriere sistemiche che impediscono il progresso delle donne e delle soggettività non normative nelle carriere di ricerca. Per affrontare efficacemente queste sfide, sono indispensabili azioni mirate. Le raccomandazioni del progetto includono la creazione di contratti di ricerca sicuri e stabili, nonché incentivi economici per i dipartimenti che favoriscono l’inclusione di donne e soggettività non normative. Inoltre, è essenziale cambiare la cultura prevalente nella scienza, che spesso enfatizza la sovrapproduzione e la devozione al lavoro a scapito del benessere personale. Promuovere un ambiente di lavoro più collaborativo e meno stressante non solo apporterà benefici alle donne, ma migliorerà l’intera comunità accademica.
Una delle nuove direttive proposte riguarda la revisione dei regolamenti universitari per la richiesta della Carriera Alias estesa a tutte e tutti, e non solo alla componente studentesca. Tale misura permetterebbe all’intera comunità universitaria di vivere liberamente la propria identità di genere nel contesto accademico, senza l’onere di dover fornire documentazione medico-specialistica. Si tratta di un cambiamento, sostenuto dal CRUI, che rappresenta un passo avanti verso un ambiente accademico più equo.
In una prospettiva analoga, è altrettanto importante riconoscere e supportare le esigenze delle persone con disabilità e razzializzate, ponendo la giusta attenzione anche a tali aspetti nella raccolta dati per la costruzione del Bilancio di Genere. Questo richiede adeguamenti infrastrutturali, formazione del personale e politiche di supporto personalizzate.
Per costruire un’Accademia più equa, è necessaria un’azione multilivello. Riforme strutturali e culturali, insieme a politiche di supporto specifiche per l’equilibrio tra vita lavorativa e privata, possono creare un ambiente che valorizzi e promuova la diversità. Solo procedendo contro corrente e affrontando i limiti e le barriere socio-culturali della società neo-liberale, l’Accademia potrà realizzare il suo pieno potenziale trasformativo e divenire un reale agente di cambiamento sociale.
Bibliografia
Lucrări cu caracter general și special
CIPRIANI, N., SOLERA, C., e HOLM BODIN, A., Gender quotas & positive action: An attack on meritocracy?, Zenodo, 2023.
COMMISSIONE EUROPEA, Direzione generale della Ricerca e dell’innovazione, She figures 2021: gender in research and innovation: statistics and indicators, Publications Office, 2021.
MINELLO, A. (eds.), Rapporto Mamme equilibriste, Save the Children Italia, 2024.
MURGIA, A., e POGGIO, B., Saperi di genere. Prospettive disciplinari su formazione, università, lavoro, politiche e movimenti sociali, Università di Trento, Trento, 2018.
MURGIA, A., e POGGIO, B., Gender and Precarious Research Careers. A Comparative Analysis, Routledge, London, 2019.
MUSUMECI, R., e SANTERO, A. (eds.), Fathers, Childcare and Work: Cultures, Practices and Policies, Emerald, Bingley, 2018.
Articole și studii
ADDABBO, T., CAROCCIA, F., CHERUBINI, A.M., COIS, E., ELEFANTE, C., MONTORSI, A., PICARDI, I., PULEJO, L., e SOLE, A., Vademecum per l’elaborazione del Gender Equality Plan negli Atenei italiani, Università di Cagliari, 2021.
ADDABBO, T., GHISLIERI, C., MUSUMECI, R., e PICARDI, I., “Lavoro da remoto e benessere: un’analisi della conciliazione tra lavoro accademico e cura familiare durante la pandemia Covid-19”, Welfare e ergonomia, 1, 2022, pp. 41-61.
ALLEN, K., BUTLER-HENDERSON, K., REUPERT, A., LONGMUIR, F., FINEFTER-ROSENBLUH, I., BERGER, E., FLEER, M., “Work like a girl: Redressing gender inequity in academia through systemic solutions”, Journal of University Teaching & Learning Practice, 18 (3), 2021.
ANZIVINO, M., CANNITO, M., e PIGA, M.L., “Pratiche di genere nella costruzione del merito e dell’eccellenza”, in NALDINI, M., POGGIO, B. (eds.), Genere e accademia: Carriere, culture e politiche, il Mulino, Bologna, 2023, pp. 201-225.
BARBERA, F., “Senza filtro. Leggere Mark Granovetter”, Stato e mercato, Rivista quadrimestrale, 2021, pp. 445-456.
BERTOLINI, S., e POGGIO, B. (eds.), Research Handbook on Work-Life Balance: Emerging Issues and Methodological Challenges, Edward Elgar, Cheltenham, 2022.
BUSSO, S., e RIVETTI, P., “What’s love got to do with it? Precarious academic labour forces and the role of passion in Italian universities”, Recherches Sociologiques et Anthropologiques, 45 (2), 2014, pp. 15-37.
CARRIERO, R., e NALDINI, M., “Gender disparity access to academia in Italy. Are there barriers to women’s early career stages?”, Polis, Ricerche e studi su società e politica, 2022, pp. 5-32.
CARRIERO, R., POGGIO, B., e SOLERA, C., “Il contesto: i dati quantitativi”, in NALDINI, M., POGGIO, B. (eds.), Genere e accademia: Carriere, culture e politiche, il Mulino, Bologna, 2023, pp. 29-34.
CARRIERO, R., CODA ZABETTA, M., e TOMATIS, F., “Le carriere dentro e fuori l’università: una panoramica su divari di genere”, in NALDINI, M., POGGIO, B. (eds.), Genere e accademia: Carriere, culture e politiche, il Mulino, Bologna, 2023, pp. 63-87.
CHECCHI, D., CICOGNANI, S., e KULIC, N., „Gender quotas or girls’ networks? Evidence from an Italian research selection”, Work, Employment and Society, 33 (3), 2019, pp. 462-482.
CHECCHI, D., e CICERO, T., “Is entering Italian academia getting harder?”, in CHECCHI, D., JAPPELLI, T., URICCHIO, A. (eds.), Teaching, Research and Academic Careers, Springer International Publishing, 2022, pp. 107-134.
DESIDERATO, A., „Behind the blindness of equity gender research: the case of the universities of Bari”, in BRIDGES Symposium on Power Asymmetries in Academic-Scientific Environments: Critical Insights into the Neoliberal Production of Knowledge, Transmitting Science, 2022.
FILANDRI, M., e PASQUA, S., „Being good isn’t good enough’: Gender discrimination in Italian academia”, Studies in Higher Education, 46 (8), 2021, pp. 1533-1551.
GAIASCHI, C., „Università e cultura dell’eccellenza: più meritocratica per chi? Aporie di genere nell’accademia italiana”, Etnografia e ricerca Qualitativa, 2, 2021a, pp. 348-371.
IDEM, „The academic profession in neoliberal times: A gendered view”, Professions and Professionalism, 11 (1), 2021b, pp. 1-22.
GAIASCHI, C., e MUSUMECI, R., „Just a Matter of Time? Women’s Career Advancement in Neo-Liberal Academia: An Analysis of Recruitment Trends in Italian Universities”, Social Sciences, 9 (9), 2020, pp. 1-19.
IDEM, “‘Why so slow?’ Un’analisi del reclutamento accademico in Italia dal 2000 al 2020, tra processi di femminilizzazione e (ri)-maschilizzazione”, Sociologia Italiana, AIS Journal of Sociology, 18, 2021, pp. 97-122.
IVANCHEVA, M., LYNCH, K., e KEATING, K., “Precarity, gender, and care in the neoliberal academy”, Gender, Work & Organization, 26 (4), 2019, pp. 448-462.
KRZEMIŃSKA, K., MIGALSKA, A., SEKUŁA, P., e STOECKER, E., Raising awareness & challenging stereotypes: Training senior leaders to promote gender equality, Zenodo, 2024.
LIPINSKY, A., e WROBLEWSKI, A., “Re-visiting gender equality policy and the role of university top management”, in O’CONNOR, P., WHITE, K. (eds.), Gender, Power and Higher Education in a Globalised World, Palgrave Studies in Gender and Education, Cham, 2021, pp. 163-186.
MCDONALD, S., “What’s in the ‘old boys’ network? Accessing social capital in gendered and racialized networks”, Social Networks, 33 (4), 2011, pp. 317-330.
MUSUMECI, R., ANZIVINO, M., e PISU, D., “Aprire la ‘porta di cristallo’: le difficoltà di accesso alla carriera accademica”, in NALDINI, M., POGGIO, B. (eds.), Genere e accademia: Carriere, culture e politiche, il Mulino, Bologna, 2023, pp. 125-151.
NALDINI, M. (eds.), La transizione alla genitorialità: Da coppie moderne a famiglie tradizionali, il Mulino, Bologna, 2015.
NALDINI, M., e SARACENO, C., Conciliare famiglia e lavoro. Vecchi e nuovi patti tra i sessi e tra le generazioni, il Mulino, Bologna, 2011.
PICARDI, I., „The glass door of academia: Unveiling new gendered bias in academic recruitment”, Social Sciences, 8 (5), 2019, pp. 1-17.
IDEM, Labirinti di cristallo. Strutture di genere nell’accademia e nella ricerca, Franco Angeli, Milano, 2020.
POWELL, S., “Gender equality in academia: Intentions and consequences”, The International Journal of Diversity in Organizations, Communities, and Nations, Annual Review, 18 (1), 2018, pp. 19-35.
RESKIN, B.F., e ROOS, P.A., Job Queues, Gender Queues: Explaining Women’s Inroads into Male Occupations, Temple University Press, Philadelphia, 1990.
SANTERO, A., BERTOLINI, S., e PIGA, M.L., “Avanzamenti di carriera e soffitto di cristallo”, in NALDINI, M., POGGIO, B. (eds.), Genere e accademia: Carriere, culture e politiche, il Mulino, Bologna, 2023, pp. 151-177.
TEELE, D.L., “What’s wrong with replicating the old boys’ networks?”, in ELMAN, C., GERRING, J. (eds.), The Production of Knowledge: Enhancing Progress in Social Science, Cambridge University Press, 2020, pp. 403-431.
VAN DEN BRINK, M., e BENSCHOP, Y., “Gender in academic networking: The role of gatekeepers in professorial recruitment”, Journal of Management Studies, 51 (3), 2013, pp. 460-492.
Resurse online
ANVUR, ANALISI FOCUS GENERE, RAPPORTO ANVUR, 2024, disponibile in https://www.anvur.it.
CONFERENZA DEI RETTORI DELLE UNIVERSITÀ ITALIANE, disponibile in Bilancio di genere, https://www.crui.it.
CONFERENZA DEI RETTORI DELLE UNIVERSITÀ ITALIANE, Atenei e Rettori, disponibile in https://www.crui.it.
DIPARTIMENTO PER LE PARI OPPORTUNITÀ, disponibile in Il bilancio di genere, https://www.pariopportunita.gov.it.
EUROPEAN INSTITUTE FOR GENDER EQUALITY, disponibile in Che cos’è il bilancio di genere?, https://eige.europa.eu.
MINISTERO DEI BENI CULTURALI: OSSERVATORIO PER LA PARITÀ DI GENERE, disponibile in https://www.beniculturali.it.
PRINGEA, disponibile in https://www.pringea.it.
RAGIONERIA GENERALE DELLO STATO – MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, disponibile in Bilancio di genere, https://www.rgs.mef.gov.it.
UNIVERSITÀ DI BARI ALDO MORO, disponibile in Bilancio di genere, https://www.uniba.it.
UNIVERSITÀ DI BOLOGNA, disponibile in Bilancio di genere, https://www.unibo.it.
UNIVERSITÀ DI MILANO-BICOCCA, disponibile in Bilancio di genere, https://abcd.unimib.it.
UNIVERSITÀ DI ROMA LA SAPIENZA, disponibile in Bilancio di genere, https://www.uniroma1.it.
[1] Commissione europea, „Direzione generale della Ricerca e dell’innovazione, She figures 2021: gender in research and innovation : statistics and indicators”, Publications Office, 2021.
[2] C. Gaiaschi e R. Musumeci, „Aprire la ‘porta di cristallo’: le difficoltà di accesso alla carriera accademica”, in Naldini, M., Poggio, B. (eds.), Genere e accademia: Carriere, culture e politiche, il Mulino, Bologna, 2023, pp. 125-151.
[3] F. Barbera, „Senza filtro. Leggere Mark Granovetter”, in Stato e mercato, Rivista quadrimestrale, 2021, pp. 445-456.
[4] L. D. Teele, „What’s wrong with replicating the old boys’ networks?”, în C. Elman, J. Gerring, (eds.), The Production of Knowledge: Enhancing Progress in Social Science, Cambridge University Press, 2020, pp. 403-431.
[5] Pentru aprofundări: S. McDonald, „What’s in the ‘old boys’ network? Accessing social capital in gendered and racialized networks”, in Social Networks, 33 (4), 2011, pp. 317-330; A. Santero, S. Bertolini e L. M. Piga, „Avanzamenti di carriera e soffitto di cristallo”, în M. Naldini, B. Poggio, (eds.), op.cit., pp. 151-177.
[6] D. Guarascio, R. Musumeci, e P. Villa, „Il contesto: i dati quantitativi”, în M. Naldini, B. Poggio, (eds.), op.cit., pp. 29-34.
[7] ANVUR, Rapporto ANVUR, 2024, disponibile in https://www.anvur.it/attivita/rapporto-biennale/rapporto-versione-2023/.
[8] R. Carriero, C. Solera e G. Tattarini, „Le carriere dentro e fuori l’università: una panoramica su divari di genere”, în M. Naldini, B. Poggio, (eds.), op.cit. p. 93.
[9] M. Naldini e B. Poggio, „Le carriere accademiche e i divari di genere”, în M. Naldini, M., Poggio, B. (eds.), op.cit., p. 72.
[10] A. Minello (eds.), Rapporto Mamme equilibriste, Save the Children Italia, 2024.
[11] M. Naldini e C. Saraceno, Conciliare famiglia e lavoro. Vecchi e nuovi patti tra i sessi e tra le generazioni, il Mulino, Bologna, 2011.
[12] S. Bertolini e B. Poggio (eds.), Research Handbook on Work-Life Balance: Emerging Issues and Methodological Challenges, Edward Elgar, Cheltenham, 2022.
[13] L. Carrieri, M. Naldini e P. Tuselli, „Le carriere accademiche e la discriminazione di genere”, în M. Naldini, B. Poggio, (eds.), op.cit., pp. 63-87.