Coordonat de Laura MITAROTONDO & Teodora PRELIPCEAN
Volum V, Nr. 2 (16), Serie nouă, martie – mai 2017
Sylvia Pankhurst e un progetto pacifista per l’Africa
(Sylvia Pankhurst and a pacific project for Africa)
Anna Rita GABELLONE
Abstract: The article analyzes the pacifist project of Sylvia Pankhurst, a leading figure of British politics in Africa from 1924 to 1952; in this period, the author supports the liberation of Ethiopia and Eritrea until they reach their complete independence firstly from fascist totalitarian politics and, later, from the reactionary behavior of the British Government and the League of Nations. The English woman founded the Movement for Peace and Hope that would allow her to take part in the Ethiopian Constituent Assembly.
Keywords: Utopia, Peace, Democracy, Human Rights.
Il ruolo politico di Sylvia Pankhurst
Il progetto politico attuato da Sylvia Pankhurst in Etiopia e in Eritrea, durante e dopo la seconda guerra mondiale, può essere considerato un’utopia realizzata grazie alla sua politica pacifista attraverso un programma che supporta l’azione dei movimenti popolari per riuscire a costruire una società di giustizia. L’autrice, nel 1903, fonda a Londra l’Unione Politica e Sociale delle Donne, in seguito conduce una politica a favore delle classi subalterne, costituendo e dirigendo il Partito Comunista Britannico dal 1918 al 1924, fino a raggiungere l’importante attività politica pacifista portata avanti nel continente africano. In questo territorio, la donna inglese sostiene la democrazia e il progresso contrastando inizialmente la condotta fascista e, successivamente, la politica distopica intrapresa dal governo britannico durante i dieci anni di amministrazione nel territorio africano.[1]
Uno degli aspetti più rilevanti del pensiero e dell’azione politica di Sylvia Pankhurst è sostenere la pace e la democrazia in Africa attraverso l’indipendenza territoriale che riesca ad affermare una riforma assistenziale verso le classi più svantaggiate della società. L’autrice scrive che il popolo si deve fare protagonista della politica del proprio paese perché l’ingerenza dei colonizzatori ha creato disuguaglianze sociali ormai non più sostenibili.[1] Il continente africano deve essere indipendente per crescere in una politica democratica al pari dei paesi europei. Sylvia Pankhurst si è impegnata per l’affermazione del suffragio universale, il sostegno della classe operaia con l’aumento dei salari, il miglioramento delle condizioni sanitarie nelle fabbriche, l’eliminazione della povertà e l’umiliazione delle classi disagiate, inoltre, ha istituito in Etiopia e in Eritrea scuole di ogni ordine e grado per alfabetizzare gli africani.[2] Il popolo deve sentire il desiderio di lavorare seguendo le proprie attitudini, in questo modo sarà incrementato il senso di responsabilità verso il bene comune che fornirà la sicurezza di tutti. Lo Stato indipendente deve distribuire lavoro e deve preoccuparsi della società per provvedere ai bisogni della gente.
Un movimento deve acquisire consensi popolari per dare forza all’organizzazione fino a raggiungere una rappresentanza decisiva in Parlamento, l’unico luogo nel quale si possono portare avanti le istanze di tutte le classi sociali. È utile, a tal proposito, studiare i Report parlamentari della Pankhurst, soprattutto quelli relativi all’emanazione della Poor Law, una riforma che ha migliorato lo stato delle prigioni, delle fattorie e delle scuole inglesi. Questa politica diventa attiva anche in Etiopia e in Eritrea: favorire l’indipendenza e l’interesse generale degli autoctoni grazie ad una politica pacifista che rispecchia la visione comunista della donna inglese dove privilegia l’immagine di una società di benessere e di giustizia, attraverso l’attuazione dei principi di fratellanza e solidarietà nei confronti dei meno fortunati.[3] Come afferma Barbara Wilson, l’operare nei movimenti femminili di Sylvia Pankhurst è stato un trampolino di lancio per arrivare alla dirigenza del Partito Comunista Britannico, la sua politica ugualitaria si riferisce ad uno stato sociale non ad un’uguaglianza di genere. La Pankhurst è stata una pioniera perché ha coniugato femminismo e socialismo, tra le file del partito comunista si è battuta per l’affermazione del suffragio universale, per l’innalzamento dei salari, per la democrazia e la pace, in seguito si impegna verso una politica di contrasto al fascismo nel continente africano dove fonda il Movimento per la pace e la speranza del popolo. Quest’organizzazione cresce in maniera esponenziale grazie alla partecipazione non solo degli africani ma anche di alcuni parlamentari inglesi di sinistra come David Lloyd George; il partito riesce in breve tempo ad essere parte della politica attiva nella società africana per contrastare le forze politiche esterne.[4]
L’opera riformatrice di Sylvia Pankhurst non si limita all’organizzazione e all’attività del partito politico, alla pianificazione di numerosi comizi che possano sensibilizzare la società africana all’indipendenza ma riesce il 5 maggio del 1936 a fondare e dirigere il News Times e l’Ethiopia News, per dar voce e speranza al processo d’indipendenza. L’arrivo in Africa degli strumenti di comunicazione di massa ha rappresentato un evento cruciale per pubblicizzare i recenti sviluppi di questo paese con la formazione di un pubblico attento e ben informato sui fatti di politica nazionale e internazionale. I giornali di Sylvia Pankhurst hanno come obiettivo quello di massimizzare le tirature solo attraverso articoli che lottano a favore dell’indipendenza, della pace e della democrazia africana. La donna inglese ha creduto nel valore della stampa popolare per l’affermazione dei diritti umani e per ridare una speranza nuova all’assetto africano; subito l’Ethiopia News e il New Times hanno rappresentato un mezzo per contrastare gli orrori commessi dai regimi autoritari in Africa.[5]
Il 3 settembre 1936 l’ex suffragetta fonda due organizzazioni: la Pace delle Donne e la Vittoria della Lega che vedono anche la partecipazione del Ministro degli Interni, l’onorevole Leo Amery. Questi partiti intendono ottenere pensioni per i soldati, maggiori indennità per le ragazze madri di bambini avuti da militari, fornire maggiore quantità di cibo alle famiglie svantaggiate, assistenza sanitaria ed emancipazione politica delle classi subalterne.[6]
L’approccio della Pankhurst alla seconda guerra mondiale differisce da quello del governo britannico per un aspetto importante: le Camere inglesi accettano la garanzia di Mussolini, mentre, la donna ha subito definito il Duce come un nemico da combattere. La libertà di stampa dell’Ethiopia News e del New Times è stata più volte violata dallo stesso Governo britannico, diversi sono stati i tentativi dei parlamentari inglesi di sottrarre gli articoli della Pankhurst, dove veniva raffigurato un governo italiano dispotico e i paesi europei inermi a tale autoritarismo, infine, anche la Società delle Nazioni viene descritta come un’organizzazione priva di potere decisionale in merito alla politica fascista.[7]
L’autrice ha ampiamente pubblicato lettere di indignazione per l’inerzia politica del Primo Ministro Chamberlain e del Ministro dell’Informazione, Harold Macmillan. Il New Times e l’Ethiopia News hanno rappresentato un mezzo fondamentale per il rinnovamento del popolo africano leso nei suoi diritti più profondi.
La politica condotta dalla Pankhurst si è avvalsa della propaganda editoriale e non solo, non si è infatti limitata a combattere i totalitarismi nascenti dalla scrivania dei suoi giornali ma ha continuato a organizzare incontri pubblici sull’operato della Società delle Nazioni in tutta la Gran Bretagna, dall’estate del 1936 fino alla fine del 1937. Agli inizi del 1938, la donna inglese, grazie al prestigioso ruolo politico raggiunto, entra in contatto con numerose personalità di spicco della società britannica e non solo in grado di arginare il pericolo fascista, infatti, è notevole la sua corrispondenza con Winston Churchill, Chamberlain e Roosevelt che mira a fronteggiare la minaccia dell’Italia e della Germania alla stabilità europea.[8]
I sottili ed equivoci rapporti tra l’Inghilterra e il paese di Mussolini possono emergere proprio grazie agli appunti privati che Sylvia Pankhurst ha conservato e che sono stati riportati nel testo di suo figlio Richard.[9] Il dato più significativo in questo senso è che la democrazia britannica si è appoggiata alla politica di Mussolini come garante dell’equilibrio europeo e non è entrata in conflitto con i fascisti per salvaguardare, come avrebbe dovuto, i diritti umani sulla base di principi sanciti in Inghilterra già dal Seicento.
Nel dicembre del 1956, Sylvia Pankhurst fonda un giornale settimanale che intitola Ethiopia Observer. La pace internazionale è la sua prima preoccupazione ed ha scelto proprio la stampa come mezzo per combattere le sue cause; l’impegno politico tramite il quarto potere occuperà un terzo della sua vita. Il giornale introduce una nuova faccia dell’Africa, gli argomenti principali degli articoli più incisivi di Sylvia Pankhurst sono l’apertura e il miglioramento di molte scuole, la fondazione di nuovi ospedali, l’emancipazione agricola delle fattorie, i progetti innovativi nell’architettura di varie città africane e l’assistenza carceraria, ecc. I contenuti dell’Ethiopia Observer saranno rivolti espressamente alla valorizzazione della società civile africana: vi è rappresentata la cultura e la lingua etiopica, la religione e le chiese del luogo, i manoscritti musulmani ecc. Si pubblicizza l’economia africana come lo sviluppo del caffè, l’agricoltura, i progressi dell’industria nascente, i nuovi trasporti e le comunicazioni, i servizi sociali e l’educazione, infatti, tutti questi elementi rispecchiano una nuova società.[10]
Questo giornale ha inoltre contribuito a creare una delle prime organizzazioni di volontariato del continente africano: la Società di Servizio Sociale.
Il progetto democratico
Con il Trattato di Pace di Parigi del 1947, l’Italia è costretta a rinunciare ai possedimenti in Africa e la responsabilità per l’assetto delle ex colonie viene assegnata principalmente alla Gran Bretagna. L’amministrazione inglese, dal 1947 al 1950, ha condotto una politica antidemocratica per la chiusura di scuole, edifici pubblici opere architettoniche per ricavare profitto dalla vendita del ferro o del rame.[11] Sylvia Pankhurst, dopo aver assistito alla politica reazionaria inflitta dalla Gran Bretagna al continente africano, nel 1950, afferma pubblicamente in un discorso tenuto al Parlamento inglese di vergognarsi per essere una cittadina britannica, dopo simili trattamenti; il governo deve lasciare libero il continente africano o, nell’immediato, deve disarmarsi. La democrazia inglese non ha dato un buon esempio di comportamento, i soldati etiopici si sentono invasi da forze militari esterne.[12] Grazie al suo impegno, la donna inglese ha svolto un ruolo politico fondamentale per l’indipendenza dell’Etiopia e dell’Eritrea fino a diventare membro dell’Assemblea Costituente nel 1952. Questo riconoscimento è un segno dell’immensa gratitudine del neo nascente Stato africano. Sylvia Pankhurst ha contribuito all’affermazione dei diritti africani attraverso un programma politico di grande risonanza con l’ausilio non solo dei media, ma anche grazie ai legami politici che l’autrice ha saputo coltivare in tutta la sua carriera che le hanno portato prestigiosi riconoscimenti sociali. Un programma politico con il popolo e per il popolo: il suo scopo principale è stato lavorare per la pace e per la democrazia in Africa.[13]
Dall’analisi degli scritti dell’autrice e dei personaggi politici del periodo emerge che il progetto di pace portato avanti da Sylvia Pankhurst è stato sostenuto, oltre che da importanti esponenti del governo inglese, anche e soprattutto dall’imperatore etiopico Haile Selassie. Il connubio tra lo spessore politico di un monarca illuminato da una parte e la donna repubblicana dall’altra hanno portato l’Etiopia e l’Eritrea fuori dalla politica angusta condotta prima dall’Italia e poi dalla Gran Bretagna, per raggiungere una propria identità e un assetto politico ben definito attraverso l’istituzione, nel 1952, della Federazione Etiopica-Eritrea.[14] Questo periodo rappresenta uno dei momenti più importanti per il riconoscimento della politica di Sylvia Pankhurst: per la prima volta nella storia una straniera prende parte all’Assemblea Costituente e alla redazione della Costituzione africana. Soprattutto il popolo ha voluto la donna inglese tra le prime file del nuovo governo africano fino al giorno della sua morte nel 1960.[15]
A tal proposito non possiamo di certo trascurare il ruolo fondamentale che ha avuto l’imperatore Haile Selassie nel contrastare il colonialismo esterno attuato dalle potenze europee. Il Reggente è passato alla storia come un governatore che ha avviato un processo di graduale modernizzazione garantendo prosperità alla società civile.[16] Sul piano internazionale, l’imperatore avvia un progetto politico che apre le porte dell’Etiopia al mondo esterno, attraverso le prolifiche relazioni con molte comunità straniere; nel 1923, l’Etiopia entra a far parte della Società delle Nazioni.
Il ruolo che l’imperatore ha svolto nel garantire un processo di democratizzazione per l’Africa è già ben noto alla storiografia ufficiale. Infatti, in questa sede è stato approfondito esclusivamente il rapporto intercorso tra Haile Selassie e Sylvia Pankhurst (il monarca e la repubblicana) nella fase di ammodernamento dell’Etiopia e dell’Eritrea.[17] L’aspetto che più si è voluto sottolineare è quanto sia stata importante e necessaria la collaborazione tra due figure che, pur seguendo orientamenti politici differenti, hanno saputo realizzare un progetto di pace e stabilità per i cittadini africani perseguendo quel modello di società giusta vicina alla realizzazione di un progetto utopico. L’imperatore avvia un importante percorso di ammodernamento: partecipa attivamente al processo di restaurazione della pace mondiale e cerca di raggiungere pienamente il modello democratico verso cui ha lavorato nel periodo precedente. Nel 1955 istituisce l’indipendenza del potere giudiziario, costruisce ospedali ben attrezzati e aperti a tutta la società, rafforza l’istruzione con la creazione delle università. Infine, nel 1959, l’imperatore ottiene l’indipendenza amministrativa dalla Chiesa d’Etiopia (Patriarcato di Alessandria) dopo 1600 anni di subordinazione.[18]
L’Utopia realizzata: verso una nuova Africa
L’operato svolto dall’imperatore Haile-Sellasie si intreccia con il ruolo riformista condotto da Sylvia Pankhurst, da alcune testimoniante dirette si evince che il rapporto tra la donna inglese e l’imperatore d’Etiopia va oltre il forte sodalizio politico che hanno instaurato in più di vent’anni di intensa e profonda collaborazione.[19] Attraverso la loro unione sono stati in grado di riformare l’assetto africano tanto da riuscire a portare la federazione etiopica ad uno splendore economico e sociale mai più conquistati nella storia. Il sovrano è stato il promotore di una politica indipendentista per il suo popolo e non è un dato certamente trascurabile che tra i suoi più stretti collaboratori vi era proprio Sylvia Pankhurst. Il rapporto tra i due, come afferma Richard, è iniziato proprio nel 1924 quando l’imperatore si reca a Londra per un viaggio di piacere: in questo periodo, la donna è all’apice del suo successo politico perché dirige il partito comunista britannico.[20] Nonostante questo, lascia il suo paese e si stabilisce ad Addis Abeba per lavorare accanto al sovrano fino alla sua morte di certo non solo per realizzare un processo di democratizzazione nel continente africano ma anche per seguire un progetto di vita. Durante l’esilio a Londra, Haile Selassie è stato ospitato proprio nell’abitazione di Sylvia e, quando nel 1941, il monarca si reca trionfante in Africa, la donna gli è ancora vicina e li sarà per tutto processo di liberazione del paese africano. Dal 1935 al 1945, la figura di Sylvia Pankhurst ha rappresentato un ponte tra la politica inglese e quella africana per riuscire a liberare l’Etiopia e l’Eritrea prima dai fascisti e in seguito dall’amministrazione britannica.[21]
La donna inglese provoca numerose Inchieste parlamentari sul comportamento dei militari britannici. In seguito al Trattato firmato dalle Nazioni Unite nel 1950 circa il futuro dei territori africani, si apre la necessità di un percorso socio-economico di grande rilievo per la ripresa del continente africano; non è cosa semplice riuscire a risollevare gli animi della popolazione distrutta da ogni forma di colonizzazione subita. Però questo, lo possiamo dire con certezza, non è stato mai l’obiettivo primario delle amministrazioni fiduciarie che hanno avuto la custodia di ogni fetta del Corno d’Africa.[22] La Gran Bretagna non fa eccezione. Uno dei politici inglesi che si distingue per il suo operato in favore della democrazia africana è il deputato, stretto collaboratore di Sylvia Pankhurst, Peter Freeman: il 3 marzo del 1952, solleva un’Interrogazione parlamentare indirizzata al Segretario di Stato per gli Affari Esteri e riesce ad ottenere un impegno in favore della non-demolizione degli edifici di prestigio dell’Etiopia e dell’Eritrea, anche se appartenenti al periodo della dominazione fascista.[23]
Il Sotto-Segretario di Stato, Anthony Nutting, replica a Freeman:
Non è stata mai nostra politica vendere o demolire i beni dello Stato, soprattutto nei porti commerciali. Le autorità britanniche non hanno mai ceduto nessuna costruzione, né mai venduto gli impianti di petrolio, uffici o magazzini delle autorità portuali o abitazioni ufficiali del personale del porto, tranne in un caso in cui un edificio delle Nazioni Unite può diventare un pericolo per la sicurezza pubblica.[24]
La risposta è ovviamente ambigua, l’attestazione che le autorità britanniche non hanno mai venduto o ceduto impianti di petrolio, uffici, capannoni delle autorità portuali o abitazioni ufficiali del personale del porto non corrisponde a verità, a meno che la negazione di aver fatto queste cose si limiti rigorosamente al piccolo porto commerciale sull’isola di Massaua, che le autorità britanniche hanno mantenuto nello status quo solo perché essi stessi ne hanno avuto bisogno. In seguito a questa falsa affermazione, Sylvia Pankhurst scrive una lettera al Sottosegretario di Stato per ricordare le varie demolizioni intraprese dal governo britannico: a Massawa, Otumlo, Nocra, Zulu, Fatma Dari e Assab. Tutti questi centri urbani hanno subito demolizioni catastrofiche in quanto sono stati quasi rasi al suolo, solo i politici attivi in Africa o la popolazione del posto può rendersi conto dello scenario orribile creato non solo dagli italiani ma anche dagli inglesi.
Il 5 marzo 1952, Sylvia Pankhurst induce un’ulteriore Interrogazione parlamentare per chiedere spiegazioni proprio direttamente al Segretario di Stato Anthony Nutting, circa la fase di demolizione del grande e attrezzato cementificio eritreo e perché gli inglesi abbiamo venduto i macchinari a imprenditori sudanesi come se fossero di loro proprietà; i proventi non sono certo serviti a risollevare le sorti della gente del luogo. Non è tutto. Sylvia Pankhurst continua chiedendo spiegazioni circa la distruzione della base navale, sempre in Eritrea, il Segretario di Stato risponde in merito al primo quesito che la Gran Bretagna, da tempo, non usa più il cementificio perché non vi è gente specializzata in opere di cemento. Per la seconda questione risponde: «La decisione di abolire la base navale è stata presa molto tempo prima per seguire la linea intrapresa dalle Nazioni Unite, in quanto l’Eritrea doveva essere federata con l’Etiopia».[25]
Da queste risposte si evince che la politica intrapresa dall’amministrazione britannica è altro dal programma politico che Sylvia Pankhurst intende realizzare in Etiopia e in Eritrea per la costruzione di una società di giustizia. Essa è oramai un membro politico a tutti gli effetti del governo etiopico di Addis Abeba, in questa veste sostiene una linea politica per favorire le elezioni etiopiche a favore del suffragio universale; per ratificare il mandato al capo dell’esecutivo con delega temporanea, infine, il re dell’Etiopia deve poter rappresentare anche l’Eritrea. Questa linea politica è quella voluta dalla maggior parte della popolazione che, nonostante tutto, può ancora valutare la giusta strada verso la democrazia.
Le Nazioni Unite avviano un piano di consultazione per la popolazione eritrea: i cittadini sono chiamati a decidere sul proprio assetto socio-politico, la Commissione, come segno di svolta, decide un’amnistia per i terroristi di guerra in prigione. In seguito si discute su quante lingue ufficiali si devono riconoscere al popolo etiopico ed eritreo, se il tigrino o l’arabo e anche per quale religione si debba scegliere se la musulmana o la cristiana. La Commissione, con a capo il Segretario Generale delle Nazioni Unite esprime il suo giudizio: il futuro dell’Eritrea deve essere deciso e sancito nell’atto di Costituzione che l’Assemblea Costituente deve redigere e che le Nazioni Unite non possono avere nessun diritto su questi argomenti perché non sono di interesse internazionale.[26]
Sylvia Pankhurst rende noto, attraverso i suoi giornali, le ingiustizie inflitte dal governo inglese verso i civili africani, anche contando sull’aiuto di alcuni parlamentari liberali del governo britannico che, in molte occasioni, hanno sollevato Inchieste di non poco conto e sono riusciti a denunciare pubblicamente tutte le vergognose barbarie che l’amministrazione militare britannica ha inflitto agli autoctoni. La storia ufficiale non riporta nulla di tutto ciò e la politica inglese è descritta solo come liberatrice dei fascisti.
Nel 1960 Sylvia muore e l’imperatore organizza un funerale di Stato proprio come se fosse venuta a mancare la regina e non semplicemente una sua collaboratrice. Analizzare l’operato politico nel concreto condotto dalla Pankhurst ha fatto emergere dei risvolti del tutto nuovi alla storiografia ufficiale: gli inglesi non sono stati dei liberatori per il popolo africano ma, invece, la loro condotta si è ben poco differenziata da quella dei regimi autoritari. La Gran Bretagna, con il permesso delle Nazioni Unite, ha portato avanti un nuovo colonialismo che è durato per quasi un decennio e che Sylvia Pankhurst e la politica dell’imperatore Haile Selassie hanno saputo sconfiggere.[27]
Sono numerose le cerimonie pubbliche in cui le due illustri personalità compaiono insieme per parlare alla nazione di tutte le opere riformatrici in atto. Questo è il risultato di un forte sodalizio che vede come protagonisti una donna, politicamente influente che fin dagli inizi della sua carriera ha assunto ruoli fondamentali per attuare un progetto politico all’insegna della democrazia e della pace, e un Re illuminato da questo progetto che ha voluto attuare nel suo paese aprendo le porte dell’impero etiopico a tutto il mondo.
Una profonda delusione per gli africani che hanno creduto nella politica inglese fino a quando, alla fine dell’ottobre 1952, si rende noto che la Gran Bretagna ha preteso una somma pari a 900.000 sterline da parte del governo etiope per le attività lasciate in Eritrea: questo è sicuramente un triste finale per la democrazia britannica. Quest’evento è uno dei tanti che fa notare agli occhi dell’opinione pubblica e della politica internazionale quanto gli inglesi in Africa abbiano sempre salvaguardato in prima istanza i propri interessi andando a ledere quelli africani. L’indipendenza dell’Etiopia e dell’Eritrea è probabilmente il risultato del forte impegno dei partiti attivisti autoctoni, della stampa che ha reso noto fatti di cronaca a volte imbarazzanti anche per le Nazioni Unite ma, soprattutto, il processo verso la democrazia è stato opera di personaggi influenti che hanno saputo fare da collegamento tra la Società delle Nazioni, il governo britannico e quello etiopico–eritreo: fra tutti non si può di certo trascurare il programma politico di Sylvia Pankhurst.[28]
L’Eritrea si trova in uno stato di avanzamento per essere parte viva della Federazione Etiopica; il senso di esaltazione spirituale della maggioranza della gente viene dal grande senso di appartenenza alla madre terra che per anni non hanno più sentito. Dopo sessant’anni di dominio italiano e dieci anni di amministrazione fiduciaria britannica, nel 1952 l’Eritrea è finalmente federata con l’Etiopia e tutto il popolo esulta per l’unità ritrovata.
È un dato certo che il futuro di questo paese deve affrontare problemi importanti derivati dalla lunga oppressione: sicuramente anche nell’ultimo periodo, il governo inglese avrebbe potuto evitare devastazioni più grandi invece di favorirle; la distruzione del porto e di altre installazioni fondamentali, la povertà abissale, la disoccupazione e l’urgente necessità di un’istruzione adeguata sono necessità urgenti da affrontare.
Sylvia partecipa attivamente al progetto di ripresa dell’Etiopia e dell’Eritrea su più fronti, ma prendere parte alla nuova Assemblea Costituente come parlamentare è il riconoscimento più grande che un politico inglese abbia potuto mai ricevere. Questo è motivo di orgoglio non solo per il progetto della Pankhurst stessa ma per tutto il regno britannico. Il progetto politico che ha intrapreso questa donna nel 1903 con l’istituzione del Movimento Politico e Sociale delle Donne e, in seguito nel 1918, con la fondazione del Partito Comunista Britannico sfocerà nel Movimento per la pace in Africa che riuscirà a varcare le soglie nel Parlamento etiope come segno di legittimazione politica per un’utopia che l’autrice ha realizzato.
Documenti
- Year Book of the United Nations for 1948-1949
- Four Power Commission Report
- Risoluzione ONU 289(IVA)
- Risoluzione ONU 390A(V)
- La Costituzione dell’Eritrea, votata dall’Assemblea Costituente Eritrea il 15 Luglio 1952.
- FO371/73846, 1952, pp. 251-252.
- FO371/73846, 1952, pp. 251-252.
- Risoluzione ONU 390A(V).
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WILSON B., Sylvia Pankhurst: sexual politics and political activism, Routledge, London, 1996.
[1]Sylvia Pankhurst nasce a Manchester il 5 maggio 1882 e muore ad Addis Ababa il 27 settembre 1960, figlia del dott. Richard Pankhurst e di Emmeline Pankhurst. Suo padre è stato un socialista impegnato e un forte sostenitore del suffragio femminile. Nel 1886 i coniugi Pankhurst si trasferiscono a Londra e la loro casa diventa un centro per le riunioni dei socialisti e suffragisti. Nel 1889 i genitori di Sylvia fondano la Franchise League con l’obiettivo di sostenere il suffragio universale. Nel 1893 entrano a far parte dell’Indipendent Labour Party (ILP) per sostenere la proprietà collettiva dei mezzi di produzione, distribuzione e di scambio. Nel 1898 Richard muore per un’ulcera perforata. Sylvia, nello stesso anno, inizia a studiare presso la Royal College of Art di South Kensington. Nel 1924 inizia la sua convivenza con Silvio Corio a Londra e, nel 1926, nasce il loro figlio che verrà chiamato come il nonno Richard Pankhurst. Sylvia, nel 1903, insieme a Christabel, Adela ed Emmeline, fonda l’Unione Politica e Sociale delle donne (WSPU). Nel 1915, in seguito all’ennesimo rifiuto da parte del Parlamento di concedere il voto alle donne, questo movimento subisce una divisione interna perché Christabel, Adela ed Emmeline iniziano una forte fase di protesta popolare verso il Governo. L’unico loro obiettivo è concedere il voto alle donne. La WSPU riesce ad attrarre l’attenzione del Daily Mail, uno fra i più importanti quotidiani di Londra. Nel 1907 il tabloid scrive che: «le donne in Inghilterra stanno riuscendo a sconvolgere il Parlamento». È proprio questo giornale a coniare il termine suffragette. Sylvia Pankhurst inizia un percorso differente dal resto della sua famiglia e fonda, nel 1918, la Socialist Worker Federation che sarà il cuore del partito comunista britannico fino al 1924. Cfr. A.R. Gabellone, Una società di pace. Il progetto politico-utopico di Sylvia Pankhurst, Mimesis, Milano, 2015; S.E. Pankhurst, The importance of the vote, Women’s Press, London, 1908; M. Dickinson, Sufragette, Pan, London, 2009. Per il Daily Mail: cfr. A. Mckenzie, The mistery of the Daily Mail, Associated Newspaper, London, 1921, A.R. Gabellone, Stampa e potere politico. I primi quarant’anni del Daily Mail, Milella, Lecce, 2012; I. Bullok – R. Pankhurst, Sylvia Pankhurst: from artist to anti-fascist, Macmillan, Basingstoke and London, 1992.
[2] Cfr. S. Pankhurst, Save the mothers: a plea for measures to prevent the annual loss of about 3.000 child bearing mothers and 20.000 infant lives in England and Wales, and similar grievous wastage in after countries, Knopf, London, 1930; Ead., Workers’ dreadnought for international communism, Woodford Green, London, 1922.
Cfr. Ead., New Times and Ethiopia News: for liberty, international justice and democracy, Woodford Green, London, 1952.
[3] Cfr. Ead., British Policy in Eastern Ethiopia, Charteris Road Woodford Essex, London, 2002.
[4] B. Wilson, Sylvia Pankhurst: sexual politics and political activism, Routledge, London, 1996.
[5] Cfr. S. Pankhurst, The Ethiopian people: their right and progress, Essex, Woodford, 1960.
[6] Cfr. Ead., Ethiopia Observer: journal of independent opinion, economies, history and arts. Ethiopian women, Ethiopian Observer, Addis Abeba, 1957.
[7] Cfr. Ead., The National League of right, National League of Right, London, 1957.
[8] Cfr. W. Churchill, The second world war, Cassel and Company Ltd., London, vol. I, 1964.
[9] R. Pankhurst, Sylvia Pankhurst: counsel for Ethiopia, Tsehai Publishers, London, 2003.
[10] S. Pankurst, Ethiopia observer: journal independence opinion, cit.
[11] Cfr. P. Corazzi, Ethiopia 1938-1946, Mursia, Milano, 1984.
[12] Cfr. S. Pankhurst (ed.), Articles on English Pacifist, Hephaestus Book, London, 2011.
[13] Cfr. Ead., Education in Ethiopia, Woodford, London, 1941.
[14] Cfr. A.R. Gabellone, Una società di pace. Il progetto politico-utopico di Sylvia Pankhurst, cit.
[15] Cfr. S. Franchini, Sylvia Pankhurst 1912-1924. Dal suffragismo alla rivoluzione sociale, ETS, Firenze, 1987.
[16] Cfr. G. Calchi Novati, Il Corno d’Africa nella storia e nella politica: Etiopia, Somalia ed Eritrea fra nazionalismi, sottosviluppo e guerra, Società Editrice Internazionale, Torino, 1994.
[17] Cfr. T. Kennedy, Eritrea, a colony in transition, Woodford Green, London, 1964.
[18] Cfr. P. Corazzi, Ethiopia 1938-1946, cit.
[19] S. Pankurst, Eritrea on the eve: the past and future of Italy first born colony, Ethiopian ancient sea province, Woodford Green, London, 1952.
[20] Cfr. R. Pankhurst, Sylvia Pankhurst: counsel of Ethiopia, cit.
[21] Cfr. M. Pugh, The Pankhurst: the history of one radical family, Allen Lane, London, 2001.
[22] Cfr. L. Romersa, I segreti della guerra d’Africa, Mursia, Milano, 2005.
[23] Cfr. Ibid., p. 46.
[24] Ibidem.
[25] S. Pankurst, British policy in Eritrea and Northern Ethiopia, Woodford Green, London, 1946.
[26] J. Collachen, The history of the communist party of Great Britain: cold war, crisis and conflict, Lawrence and Wishart, London, 2003.
[27] Cfr. P. Magri, La politica estera etiopica e la questione eritrea e somala, Giuffrè Editore, Milano, 1980.
[28] Cfr. R. Rood, British military administration of occupied territories in Africa during the years 1941-1957, HMSO Press, London, 1960.