Volum IV, Nr. 2(12), Serie nouă, Martie – Mai 2016

L’Europa del generale De Gaulle

(The Europe of General de Gaulle)

Lorenzo SCARCELLI

 

Abstract: De Gaulle at the head of the French resistance against the Nazis and after the war, he defended the sovereignty of France against the idea of a supranational Europe. De Gaulle at first opposed to a united Europe and the design of a Defence Community, then became its promoter, as he saw in a united Europe the mean to achieve the interests of France, through the project for a third force, between  the United States and the Soviet Union. De Gaulle, worried that the EEC could lose its independence and become a satellite of the United States, sought a closer alliance between France and Germany, through the Fouchet Plan, in order to weaken the relationship between the European Community and the United States and create French primacy in European political cooperation. But with the advance of a supranational Europe, De Gaulle began the period of the Empty Chair. After the output of de Gaulle, the leaders of the EEC, designed a new path to realize the economic, political and military integration of Europe.

Keywords: De Gaulle, France Libre, Force de Frappe, Europa terza Forza, Confederalismo, Piano Fouchet

Charles André Joseph Marie de Gaulle militare di carriera e uomo di stato francese del XX secolo nasce a Lille il 22 novembre 1890 in una famiglia cattolica e colta.

De Gaulle era figlio di un insegnante, che gli fece scoprire il nazionalismo di Barrès, la filosofia di Bergson e il cattolicesimo – socialismo di Péguy.

Nel 1912, De Gaulle, si diploma alla Scuola militare di Saint-Cyr, dove era entrato nel 1908, verrà destinato al 33.mo reggimento di fanteria di Arras, agli ordini del colonnello Philippe Pétain, in seguito diverrà futuro maresciallo di Francia per la vittoria di Verdun e in seguito presidente del regime collaborazionista di Vichy[1].

Durante la prima guerra mondiale nel 1914, viene presto promosso a capitano. Nel 1916, ferito tre volte, viene imprigionato e tenta per cinque volte di evadere dal forte di Ingolstadt, in Baviera. Dopo l’armistizio sarà liberato e manterrà sempre un triste ricordo di quei due anni e mezzo di prigionia. Dopo la sua liberazione, rientra nella carriera militare e diventa colonnello allo scoppio della seconda guerra mondiale.

Paul Reynaud, ultimo Presidente del consiglio francese prima di Pétain, lo nomina segretario di Stato alla guerra.

In questa veste, De Gaulle, si oppone all’armistizio con i tedeschi, e lascia la Francia per trasferirsi in Inghilterra il 15 giugno 1940, quando Pétain prende il potere. In Inghilterra, Churchill sostiene De Gaulle come voce della Francia antinazista, contro il parere del suo governo.

Il 18 giugno, la BBC trasmette da Londra ai francesi, l’appello di de Gaulle affinché resistano ai tedeschi e alla richiesta di armistizio di Pétain, sarà l’inizio della resistenza francese, contro i nazisti.

Mentre la Francia di Pétain lo condanna a morte in contumacia per tradimento, nel luglio 1940, De Gaulle comincia ad organizzare il movimento “France Libre”.

La resistenza ai tedeschi nasce dai possedimenti coloniali, quando la madrepatria avrà più difficoltà a controllare; queste forze verranno successivamente collegate alle forze di resistenza francesi e “France libre” diventerà “France combattante”.

In quegli anni De Gaulle ha un forte sentimento verso la Francia libera, la sua preoccupazione è salvaguardare gli interessi e l’immagine della sua nazione durante e dopo il conflitto, dal mantenimento dei possedimenti coloniali, all’onore e alla grandeur francese.

De Gaulle volle garantire l’indipendenza della sua organizzazione anche quando l’Inghilterra gli garantì gli aiuti finanziari prestati per “France Libre”, tanto che, prima della fine del secondo conflitto bellico, gli inglesi vennero rimborsati.

I rapporti di De Gaulle con Churchill erano spesso conflittuali e competitivi, ma sempre sostenuti da un forte rispetto reciproco, a differenza dei rapporti con il presidente americano Roosveltche avevano tutt’altro carattere, i due si detestavano e,proprio a tal proposito,viene ricordata una famosafrase di De Gaulle che riferì a Churchill, che evidenzial’atteggiamento francese di fronte all’arroganza americana,“Sono troppo povero, per inchinarmi”.

Malgrado la scarsa collaborazione degli americani, de Gaulle riuscì a sbarcare ad Algeri nel maggio 1943, dove creò, con il generale Henri Giraud, il Comitato francese di Liberazione nazionale (CFLN), per unificare la direzione dell’Impero liberato e ne fu presto al comando.

Nel giugno 1944 il CFLN prende il nome di “Governo provvisorio della Repubblica francese” (GPRF) ed arriva a Parigi nel settembre 1944.

Con la Liberazione, de Gaulle, riconobbe il diritto di voto alle donne francesi ed avviò varie riforme, dalla nazionalizzazione all’istituzione di un sistema di sicurezza sociale moderno.

Dopo la guerra, dall’ottobre 1945, maper un breve tempo,fu presidente del governo provvisorio.

De Gaulle in disaccordo con la Costituzione della Quarta Repubblica, nel gennaio 1946 si dimette, e nel 1947 fonda il movimento politico, il “Rassemblement du Peuple Français”, RPF, con l’obiettivo di trasformare la politica francese.

A causa dei deludenti risultati, nel 1953, il Generale, si ritirerà nuovamente dalla politica, per poi ripresentarsi con la crisi delle dominazioni coloniali, successiva alla fine della guerra, che coinvolse anche la Franciae, in seguito ai fallimenti della Quarta Repubblica, in Indocina e in Algeria, il 1 giugno 1958 venne nominato presidente del Consiglio, con poteri quasi equivalenti a quelli della prima Costituente.

De Gaulle, come aveva preannunciato, utilizzò questo potere per far redigere una nuova Costituzione, che avrebbe mirato ad arginare la cosiddetta “dittatura parlamentare”[2]

A settembre venne approvata la nuova Costituzione che segnò il passaggio della Francia alla Quinta Repubblica, con i poteri dell’esecutivo rafforzati.[3]

Nel novembre del 1958 de Gaulle vinse le elezioni e a dicembre venne eletto Presidente della Repubblica.

Da quel momento de Gaulle perseguirà quelli che considererà gli obiettivi strategici della Francia, le misure economiche di sostegno all’economia, con l’introduzione del nuovo franco.

In piena Guerra Fredda diverrà una forte affermazione per l’indipendenza della Francia, dal blocco sovietico e dal dominio americano sull’Europa, tanto da dotare la Nazione di proprie risorse nucleari – la force de frappe – e con il suo veto frenò l’ingresso dell’Inghilterra nella CEE, considerata la longa manus degli USA in Europa.

Con la consapevolezza che la guerra d’Algeria non sarebbe stata vinta,De Gaulle concesse l’indipendenza all’Algeria, con il referendum popolare del 1962, nonostante la forte e violenta opposizione di una parte dei francesi,

Nel 1962 de Gaulle propose un emendamento alla Costituzione che avrebbe consentito l’elezione diretta del Presidente della Repubblica, vincendo la forte opposizione della sinistra.

L’emendamento fu approvato da un referendum vinto con una larga maggioranza, con la conseguenza che il Presidente sciolse il Parlamento e le nuove elezioni rafforzarono la maggioranza parlamentare gollista.

Nel 1965, De Gaulle, venne rieletto Presidente della Repubblica per un nuovo settennato, benché al secondo turno, in ballottaggio con François Mitterand, continuò a promuovere energicamente l’indipendenza e un forte ruolo della Francia in politica estera.

Prova di questa forte energiasarà la sua continua opposizione all’entrata della Gran Bretagna nella CEE e il sostegno dell’ “Europa delle patrie” contro ogni modello di Europa sovranazionale, immaginandola imperniata sull’asse franco-tedesco ed estesa, in prospettiva, dall’ Atlantico agli Urali.[4]

Sempre in politica estera, De Gaulle condannerà l’intervento americano contro i comunisti in Vietnam, poinel 1966 ritirerà la Francia dal comando militare integrato della NATO ed espellerà tutte le basi americane dal territorio francese, pur continuando a partecipare all’Alleanza atlantica; nel 1967 dichiarerà l’embargo contro Israele per la “guerra dei sei giorni”, vinta contro l’Egitto.

La fase di forte inquietudine sociale culminata nel maggio francese parve risvegliare quel de Gaulle della resistenza o della guerra d’Algeria, fu una risposta a quei francesi in cerca di rassicurazioni, in quanto il Presidente sciolsel’Assemblea nazionale e stravinse le elezioni del giugno 1968, con il partito gollista che ottenne 358 seggi su 487.

Ma l’anno dopo il Presidente De Gaulle perse con uno scarto minimo un referendum su questioni relativamente banali (il trasferimento di alcuni poteri alle regioni e la trasformazione del Senato – che in Francia non ha mai avuto grande rilievo istituzionale – in sede di rappresentanza di organizzazioni professionali e sindacali regionali).

De Gaulle,a quasi ottant’anni d’età,a mezzogiorno del 28 aprile 1969, annunciò le proprie dimissioni con effetto immediato.

Dopo una breve vacanza in Irlanda si ritirerà a Colombey-les-Deux-Églises, dove si dedicò a scrivere le proprie Memorie.

Nelle sue memoriescriverà: « Je veux être enterré à Colombey » « Sur ma tombe: Charles de Gaulle, 1890-19… Riend’autre », morirà l’anno dopo, il 9 novembre 1970.

L’avvento al potere di de Gaulle, in realtà, spazzò via ogni teoria che potesse essere federalista o funzionalista [5].

Il presidente francese lanciò una sfida alla visione di Monnet, una sfida fondata su un’idea di Europa più realistica rispetto ai sogni comunitari funzionalisti[6].

Il dibattito sulla CED segnò l’inizio di una diatriba tra Monnet e de Gaulle, infatti quest’ultimo, da presidente della repubblica francese e con una visione confederale auspicava un’Europa basata sulla cooperazione tra Stati in ambito politico, economico, culturale e della difesa,visione alquanto diversa da Monnet che si batteva per l’abolizione dei privilegi della sovranità.

Anche la nascita della CEE e dell’EURATOM s’inserisce in un contesto storico fortemente influenzato dalla presenza del generale de Gaulle, che si opponeva all’interpretazione sopranazionalista della CEE.

La Comunità Europea impose modifiche alla politica estera degli Stati membri,  in particolar modo alla Franciache risultò essere il Paese, che più degli altri, avrebbe dovuto apportare i correttivi alla propria politica estera[7], per questo motivo, il generale ostacolò la creazione di una  comunità politica.

De Gaulle era favorevole ad estendere il regime di libero scambio in agricoltura, a liberalizzare il commercio all’interno dell’unione doganale, ma soprattutto voleva preservare i Sei Paesi fondatori dall’influenza anglosassone.

Continuò a interpretare il Trattato CEE in maniera restrittiva, pensando ad un blocco commerciale la cui politica estera e di difesa sarebbe stata concertata dai governi dei Sei Paesi. In questo modo, la concertazione avrebbe reso gli Stati membri la colonna portante della stessa Comunità Europea.

Ancora una volta, la divergenza fra i diversi interessi nazionali, ma soprattutto l’attenzione e la cura degli interessi particolari nazionali ostacolavano la costruzione di una politica estera e di una sicurezza comune europea.

De Gaulle, infatti, se in passato, si oppose all’Europa unita e al progetto di una Comunità di difesa, da quel momento, al contrario, ne divenne il promotore, in quanto vedeva nell’Europa unita il mezzo per realizzare gli interessi francesi.

De Gaulle era determinato a ristabilire il ruolo della Francia nel mondo, attraverso il disegno di un’Europa terza forza, tra Stati Uniti e Unione Sovietica, che presupponeva un rinnovato prestigio della Francia e un’autonomia nei confronti di Washington, in cui gli Stati uniti non sarebbero più stati i garanti della sicurezza europea, ma solo degli interlocutori.

Per questo il Presidente francese propose la costituzione di un triumvirato composto da Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna, ma sia la Gran Bretagna che gli Stati Uniti rifiutarono.

Dopo questo rifiuto, per il generale, la Francia avrebbe dovuto assumere, per preservare un posto importante sul palcoscenico mondiale, il ruolo guida di una terza forza europea, per questo propose una nuova cooperazione intergovernativa in materie di politica estera, di strategia militare e di difesa[8].

Ad un parziale indebolimento tra gli Stati Uniti e la Francia, corrispondeva una rinnovata intesa tra quest’ultima e la Repubblica Federale Tedesca.

Già precedentemente, Adenauer, dopo un incontro con il presidente Kennedy, aveva manifestato un certo risentimento nell’amministrazione americana.

Il cancelliere sosteneva che solo la pressione dell’Europa comunitaria, in particolare la pressione della Repubblica Federale Tedesca, avrebbe potuto indurre gli Stati Uniti a rispettare una politica di fermo anticomunismo e antisovietismo[9].

Tra il 1958 e il 1963 si rafforzò ulteriormente l’asse Parigi-Bonn, già consolidato dal Piano Schuman, grazie soprattutto al rapporto traAdenauer e de Gaulle, che portò, nel luglio 1960, al negoziato sull’Unione europea[10].

Nonostante la firma del trattato franco-tedesco del 22 gennaio del 1963, esisteva una profonda divergenza tra la visione europeista diAdenauer e quella di de Gaulle, il primo auspicava il graduale trasferimento delle sovranità nazionali alle istituzioni comunitarie, mentre il secondo sosteneva un’Europa basata sulla cooperazione tra gli Stati[11].

L’intesa tra i due statisti non era dettata da una comune politica europeista, in quantoda parte tedesca esisteva un risentimento nei confronti della nuova politica americana, mentre dalla parte francese c’era l’idea gollista di un’Europa terza forza, di cui l’accordo franco-tedesco costituiva la premessa.

Dopo una serie di trattative bilaterali, ed un vertice tenuto a BadGodesberg, i Sei Stati membri decisero di proseguire l’unificazione europea attraverso regolari vertici tra capi di Governo.

In questa ottica, nacque il progetto di affidare ad una Commissione, presieduta da Fouchet, il compito di redigere un piano di unione tra i Sei.

Il Trattato, noto come Piano Fouchet, non prevedeva questioni economiche, che sarebbero rimaste di esclusiva competenza della CEE, ma un’alleanza più stretta tra Francia e Germania, che  si impegnavano a consultarsi, a coordinare la loro politica estera, ad armonizzare i progetti comuni di ricerca scientifica e di produzione degli armamenti, ma soprattutto, scopo di questo Piano era quello di indebolire il rapporto con gli Stati Uniti, in modo da creare un primato francese nella cooperazione politica europea[12].

Per de Gaulle, che avrebbe voluto unificare le tre Comunità in un unico organismo, i Sei Stati non avrebbero dovuto accettare undestino dipeso dall’America, ma perseguire una politica estera europea[13]. Importante è sottolineare il contesto in cui la proposta di de Gaulle si sviluppò.

E’ importante sottolineare che la proposta di De Gaulle si manifestò negli anni ’50-60, quando l’Unione Sovietica poteva vantare un armamento di missili continentali paragonabile a quello degli Stati Uniti, mentre Kennedy, presidente degli Stati Uniti, sembrava far capire che non necessariamente avrebbe usato l’armamento nucleare per difendere l’Europa, pertanto, nel maggio del 1961, de Gaulle, manifestò l’intenzione di voler costruire un proprio armamento nucleare e sarà in questo contesto che il Piano Fouchet conferì al generale il supporto istituzionale per renderlo il leader dell’Europa occidentale.

Questo progetto incontrò l’opposizione di alcuni Stati come l’Olanda che affermava che non si sarebbe potuto parlare di una unione europea sino a quando non fosse stata vagliata la possibilità dell’ingresso nella CEE della Gran Bretagna.

Contemporaneamente, Kennedy presentava un progetto di un associazione atlantica, proponendo agli europei una collaborazione economica, politica e militare[14].

Le nazioni più piccole della CEE condividevano la proposta americana e, di conseguenza, Fouchet, così come de Gaulle, dichiararono di accettare le posizioni dei Cinque Stati, cosìla Francia approvò l’istituzione di un’Unione europea, accettò la coordinazione e la concertazione delle politiche nazionali in determinate materie, pur persistendo delle divergenze insanabili tra de Gaulle e gli americani.

De Gaulle continuò ad insistere affinché gli Stati d’Europa agissero di comune accordo, piuttosto che affidarsi ad istituzioni sovranazionali e agli Stati Uniti[15].

Indubbiamente, il fallimento del Piano Fouchet segnò la prima battuta d’arresto perle speranze dei federalisti e da quel momento si pose il problema dell’adesione Britannica al Mercato Comune.

La richiesta fu causata dalle sue gravose condizioni economiche, in particolare, gli scambi commerciali della Germania con l’estero superarono quelli del Regno Unito.

In realtà, la Gran Bretagna non presentò una richiesta di adesione, ma avviò una trattativa, con Heath, con lo scopo di verificare la disponibilità dei Sei ad un’eventuale futura adesione della Gran Bretagna alla CEE.

Heath, il principale promotore dell’adesione britannica, testimoniò un’inversione della politica britannica.

La Gran Bretagna era disposta ad inaugurare una nuova era pro-europea, avrebbe accettato una tariffa comune, una politica agricola e commerciale comune, l’abolizione dei dazi doganali, purché i Sei fossero stati disposti ad andarle incontro su alcune questioni, come ad esempio, per quanto riguardava i suoi rapporti con il Commonwealth[16].

Il più fervente oppositore all’entrata della Gran Bretagna nella CEE fu de Gaulle, secondo il generale, se i britannici fossero entrati nella Comunità, questi non sarebbero stati altro che agenti americani, che avrebbe condotto la CEE verso quella Comunità Atlantica, così fortemente voluta da Kennedy. Per de Gaulle era meno pericoloso negare l’ingresso alla Gran Bretagna, piuttosto che appoggiarne una sua adesione[17].

De Gaulle era preoccupato che la CEE potesse perdere la propria indipendenza e diventasse un satellite degli USA.

L’entrata della Gran Bretagna nella CEE ripresentava due temi di conflitto, due schieramenti che avevano causato il rifiuto del Piano Fouchet, da una parte gli americani e i britannici, dall’altra de Gaulle, entrambi lottavano per l’organizzazione politica dell’Europa occidentale.

Ma ancora una volta, il generale si fece forte dell’appoggio di Adenauer, con il quale, come abbiamo già visto in precedenza, stipulò il trattato franco-tedesco. Il paradosso del rifiuto della richiesta d’ingresso della Gran Bretagna da parte di de Gaulle risiedeva nella convinzione del generale di considerare il Regno Unito un ottimo alleato nella crisi che si sarebbe abbattuta sulla CEE negli anni sessanta.

La crisi fu la diretta conseguenza di un successo per l’integrazione.  La questione principale era il prezzo del grano, la Germania Ovest continuava a sostenere il prezzo per i propri agricoltori e la Francia pressava per ridurre il prezzo del grano.

Si optò per un prezzo armonizzato del grano e per la determinazione dello stesso prezzo in unità di valore e non in valute locali.

Nel gennaio del 1965, la commissione decise per una abolizione definitiva di tutti i dazi intercomunitari e per un’armonizzazione dei dazi esterni.

Quasi contemporaneamente, i Sei stati, riconoscendo che la CEE aveva superato per importanza l’EURATOM e la CECA, concordarono di unificare le tre organizzazioni in un unico organismo.

Il Trattato di fusione fu firmato nell’aprile del 1965 e la Commissione acquisì così un enorme potere e divenne una forte potenza istituzionale.

Ora si poneva il problema di come la Commissione avrebbe gestito questo enorme potere, in altri termini se essa avrebbe cercato di aumentare le prerogative del Governo sopranazionale in Europa o se avrebbe permesso agli Stati membri di continuare a prendere iniziative.

Hallstein, presidente della Commissione, ricordò agli Stati che dal 1966, il Consiglio dei Ministri avrebbe votato a maggioranza qualificata e, in virtù dell’art. 149 del Trattato CEE, sarebbe stata necessaria l’unanimità tra gli Stati membri per modificare una proposta della Commissione.

Hallestein affermò che questo sviluppo non rappresentava un’erosione della sovranità nazionale[18].

Il presidente della Commissione, così come aveva fatto precedentemente Spaak[19], individuava nel diritto di iniziativa della Commissione un tratto qualificante del suo potere, simbolo di un governo europeo in nuce[20].

Per Hallestein e la Commissione era arrivato il momento di conferire maggiore autorità alle istituzioni comunitarie.

Il Piano consisteva principalmente nell’auto-finanziamento dei costi di gestione della Comunità, parzialmente integrato dagli importi provenienti dai dazi industriali e un maggiore potere attribuito all’Assemblea in materia di bilancio.

In altri termini, la CEE diveniva un’Istituzione con notevoli risorse proprie, Assemblea e Commissione avrebbero goduto di maggiori poteri e gli Stati membri avrebbero dovuto cedere parte del loro controllo alle istituzioni sopranazionali.

De Gaulle non poteva ignorare tutto questo e ritirò il suo rappresentante permanente da Bruxelles, lo stesso fece peri suoi delegati per le riunioni tecniche della Commissione e si avviò così la politica della “sedia vuota”[21].

Da quel momento il problema per la Francia si sviluppò anche su un altro fronte, quello della politica interna, in quanto, i quattro avversari di de Gaulle, ma soprattutto il liberale Lacanuet e il socialista Mitterand, fecero una campagna elettorale pro-europeista che permise un riavvicinamento ai Cinque paesi firmatari del Trattato e la Francia riprese la sua partecipazione alle riunioni del Consiglio, ma si poneva tra gli Stati, la questione del voto di maggioranza.

Dopo lunghe consultazione si giunse agli accordi di Lussemburgo, anche se la Francia continuò ad osservare lo stesso atteggiamento ostruzionista dei mesi precedenti.[22]

Un singolo governo impose le sue decisioni alla Comunità, assicurando così che i singoli governi nazionali, non le Istituzioni Comunitarie, restassero i principali responsabili delle decisioni per la Comunità.

Il compromesso di Lussemburgo lasciò De Gaulle arbitro dello sviluppo della Comunità[23]. Diversamente da quanto detto fin ora, Stanley Hoffmann sosteneva il contrario e cioè che non era de Gaulle, ma la situazione nazionale della Francia a rifiutare il sopranazionalismo europeo,in quanto la Francia non era riuscita a superare il nazionalismo.

La Francia non si accontentava di una flebile prosperità nella Comunità, rifiutava qualsiasi protezione americana, in quanto non avrebbe accettato né la leadership americana in politica estera e né il governo tecnocratico di Bruxelles in economia[24].

Di conseguenza, proprio la situazione nazionale, soprattutto quella della Francia, fu il motivo fondamentale che portò a rallentare il processo di unità e di integrazione europea. Nell’aprile 1969, con l’uscita dalla scena politica di de Gaulle, si avviò un nuovo scenario politico ei leader della CEE cominciarono a pensare percorsi diversi per realizzare l’integrazione economica, politica e militare dell’Europa.

Nel mese di dicembre del 1969 si svolse il vertice dell’Aja che indicò i nuovi obiettivi che la Comunità Europea avrebbe dovuto perseguire per il suo completamento, approfondimento e allargamento

In questo vertice, i Sei stati stilarono un programma che si articolava su alcune questioni cruciali: dotare la comunità di finanziamenti indipendenti, rafforzarne le Istituzioni, in particolare l’Assemblea, creare un’Unione economica, allargare la Comunità mediante trattative con Gran Bretagna, Irlanda, Danimarca, Norvegia, creare l’unificazione politica, venne istituita una commissione presieduta da Werner, con l’incarico di occuparsi dell’Unione Economica e Monetaria, lacui relazione fu pubblicata nell’ottobre del 1970.  Questa contemplava il trasferimento di pieni poteri di programmazione dell’economia comunitaria al consiglio dei Ministri e alla Commissione[25].

Lo stesso trasferimento di responsabilità dai Governi nazionali a Bruxelles aveva delle implicazioni politiche che favorivano il progressivo sviluppo della cooperazione politica.

Dei poteri dell’Assemblea si occupò Verdel, al quale fu affidato il compito di proporre dei provvedimenti per rafforzare il ruolo legislativo delle istituzioni parlamentari della Comunità.

Egli propose un allargamento dei poteri dell’Assemblea in due fasi, nella prima fase all’assemblea sarebbero stati accordati poteri di “codecisione”, in determinate materie quali la revisione dei Trattati, la ratifica di accordi internazionali e nella seconda fase, questi poteri di codecisione sarebbero stati estesi anche al Parlamento[26].

Gli anni sessanta e settanta furono anni difficili per la costruzione europeaoriginati dalla crisi della sedia vuota e dal successivo compromesso del Lussemburgo e la proposta di Spinelli, costituiva una premessa importante per il reale sviluppo del processo di integrazione comunitaria.

Agli inizi degli anni ottanta, il processo di integrazione europea conobbe un’altra fase di rallentamento, l’unione doganale prevista dal Trattato CEE, risultava ancora insufficiente per la realizzazione del Mercato interno, inoltre, la crisi economica provocata dai due shock petroliferi degli anni settanta, aveva fatto sì che gli Stati membri proteggessero i propri mercati, erigendo barriere sotto forma di norme tecniche che costituivano un ostacolo alla libertà degli scambi.

Oltre alla difficile congiuntura economica, il contesto politico-istituzionale fu caratterizzato dalla paralisi del processo comunitario causato dal voto all’unanimità e dall’atteggiamento euroscettico della Gran Bretagna in seno alla CEE.

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[1]Per maggiori approfondimenti sulla vita politica di de Gaulle, cfr. C. de Gaulle, La France sera la France. Ce que veut Charles de Gaulle, Rassemblement du Peuple Français, Paris 1951; R.Massip, de Gaulle et  l’Europe, Flammarion, Paris 1963; S. Serfaty, France, De Gaulle and Europe, John Hopkins University Press, Baltimora 1968; J. Sostelle, Gollismo, EdizionidelBorghese, Milano 1969 ; J. Charlot, Le phénomène gaulliste, Fayard, Paris 1970;  C. de Gaulle, Mémoires d’espoir, Plon, Paris 1971, 2 voll.; A. Hartley, Gaullism. The Rise and Fall of a Political Movement, Routledge&Kegan Paul, London 1972; L. Noel, Comprendre de Gaulle, Plon, Paris 1972; S. Bartolini, Riforma istituzionale e sistema politico. La Francia gollista, il Mulino, Bologna1981; J. Charlot, Le gaullisme d’opposition, 1946-1958, Fayard, Paris 1983; A. Peyrefitte, C’était de Gaulle. La France redevient la France, Fayard, Paris 1994, vol. I; Id., C’était de Gaulle. La France reprend sa place dans le monde, Èdition de fallosi, Paris 1997, voll. II; Charles de Gaulle, Mémoires, Gallimard (Collection Bibliothèque de la Pléiade), 2000; E. Roussel, Charles de Gaulle, Gallimard, Paris 2002; G. Quagliariello, De Gaulle e il gollismo, il Mulino, Bologna 2003; Charles Williams, De Gaulle, Milano 1995, ripubblicato nel 2006 in edizione speciale per La Repubblica; Debray, R., A domani, presidente. De Gaulle, la sinistra e la Francia, Marsilio, Venezia 1991. Fossi, P., Charles De Gaulle, o la fede nello spirito, Marzorati, Milano 1973. Mauriac, F., De Gaulle, Mondadori, Milano 1965.  Rémond, R., La destra in Francia. Dalla Restaurazione alla V Repubblica (1815-1968), Mursia, Milano 1970.

[2]La dittatura parlamentare intesa come quell’assetto istituzionale per il quale il potere di veto delle minoranze parlamentari, in un’Assemblea estremamente frazionata e rissosa, finiva per paralizzare le possibilità di azione dell’esecutivo, condannava i governi all’instabilità e generava una politica caotica.

[3] Per maggiori approfondimenti sulla Quinta Repubblica cfr., Noel L., De Gaulle  et les débuts de la Cinquième Repubblique, 1958-1965, Plon, Paris, 1976. La crisi algerina, in particolare, era stata l’origine della crisi costituzionale del 13 maggio.

[4]Panebianco A., Guerrieri democratici. Le democrazie e la politica di potenza, il Mulino Bologna 2003. Insieme alla visione funzionalista di Monnet, a quella federalista di Spinelli si inserisce la visione confederalista di De Gaulle.  Cit. pag. 276: “ La terza visione (in modi diversi fatta proprio da statisti europei come de Gaulle e Thacher) è quella dell’Europa delle patrie: l’integrazione europea potrà diventare anche molto stretta sul piano economico ma ciò non comporterà la nascita di un’organizzazione politica sovraordinata agli attuali Stati. Lo Stato manterrà intatto il suo potere decisionale in ultima istanza e il «governo» dell’Europa rimarrà affidato alla cooperazione fra i governi degli Stati europei.”  

[5] I principi federalisti e funzionalisti sono contrastati dai sostenitori del metodo confederale. I sostenitori confederalisti sono Aristide Briand, Winston Churchill e Charles de Gaulle. Non è un caso che questo metodo risulti congeniale alle diplomazie, le quali vedono in questo un sistema garante della sovranità nazionale, a differenza del metodo federalista e funzionalista che vogliono espropriare gli Stati della loro sovranità, anche se con metodi diversi.

[6] Gilbert, Storia politica dell’integrazione europea, Bari, Laterza, 2005, p. 64.

[7] Hans von der Groeben,,The European Community: The formative Years, Bruxelles, European Commision, 1985, pag.39. Questa era anche l’opinione che Hans von derGroeben, secondo rappresentante tedesco,  aveva sul generale, che sintetizzò la situazione francese della Quarta Repubblica: “La Francia della Quarta Repubblica avrebbe approfittato volentieri delle opportunità offerte dal trattato di Roma, ma difficilmente sarebbe riuscita a imporre le radicali riforme interne che questo comportava”.

[8] Gilbert, Storia politica dell’integrazione europea, Bari, Laterza, 2005, cit. p. 71. In altri termini, il generale proponeva un nuovo metodo di unificazione europea: “Egli proponeva, un mutamento radicale degli obiettivi e dei metodi di unificazione europea. Un cambiamento che, vale la pena evidenziare, anticipava di un decennio l’ideazione del Consiglio Europeo, che ora è l’artefice del principale policy dell’UE”.

[9] C. G. Anta, Padri dell’Europa, Milano, Paravia Bruno Mondadori Editori, 2005, p. 59.

[10]Ivi, pag. 60: A testimonianza di questo, de Gaulle, in un articolo, sottolinea la particolare importanza della collaborazione tra Francia e Germania nella prospettiva di un rilancio del processo d’integrazione europea: “Una settimana ricca di profondo significato sta per terminare. Una rivalità che ha visto due grandi popoli contrapposti per di più di duecento anni sta per finire, come ha ricordato il presidente de Gaulle ad Amburgo […]. Un asse Parigi-Bonn non può che significare una cosa, vale a dire che il resto d’Europa finirebbe per integrarsi nel nocciolo franco-tedesco”.

[11]Ivi, pag. 61. L’obiettivo principale di Adenauer era la costituzione dell’unione politica europea basata sull’accordo franco-tedesco: importante è il rilancio dell’integrazione comunitaria, non il modo attraverso il quale procedere a tale realizzazione.: “L’evoluzione storica di questi anni impone agli europei la loro unificazione politica.[…]. Io ritengo che chiunque occupi un posto di responsabilità si sia reso conto, nel corso di questi anni, di fronte a quale pericolo si trova l’Europa; essa non ha più tempo di attendere tranquillamente il giorno in cui una soluzione perfetta, che soddisfi ugualmente tutti gli stati, sia trovata […]. Io penso che Francia e Germania possono costituire insieme il nocciolo duro dell’Unione politica dell’Europa. Che non si attribuisca troppa importanza alla struttura giuridica di tale unione; che si tratti di una federazione o di una confederazione o di un’altra forma giuridica, l’essenziale è agire”.

[12]  Cfr. de Gaulle, Mémoires d’espoirs, vol. I, (1958-1962) cit. pag. 211. Nelle sue Memorie de Gaulle sottolinea la particolare avversione con cui fu accolta questa proposta dai partners europei.: “I nostri vicini hanno rifiutato di perseguire un’Europa europea perché temono il primato della Francia, ma soprattutto perché, nel clima di guerra fredda in cui si trova il mondo, ogni cosa passa in secondo piano pur di garantirsi la protezione americana”.

[13] S. Hoffmann, De Gaulle, Europe and the Atlantic Alliance, in International Organization, 18, inverno1964, in Gilbert, op. cit., pp. 72- 73. A questo proposito, importante è la considerazione di Hoffman sugli obiettivi di de Gaulle per l’Europa: “Il Generale, un nazionalista francese, è anche un nazionalista europeo. La sua preoccupazione per l’Europa non viene capita soprattutto negli Stati Uniti, dove si tende a ritenere che soltanto gli europei secondo l’accezione di Monnet siano realmente interessati a unificare l’Europa. Così come vuole evitare che la Francia diventi una mera pedina sullo scacchiere internazionale, il Generale vuole assicurare che l’Europa, che considera la madre di tutte le civiltà, ridiventi uno dei principali protagonisti, dopo essere stata per venti anni una semplice posta in palio a causa delle proprie divisioni”.

[14] Sul discorso di Kennedy cfr., L. Covatta, G. Rocchi, John F. Kennedy. L’uomo della Nuova Frontiera, Massimo, Milano, 1964, pp. 289-296: “Noi non consideriamo l’Europa forte e unita come una rivale, ma come una pater. Contribuire al suo progresso ha rappresentato da diciassette anni un obiettivo fondamentale della nostra politica estera. Io ritengo che un’Europa unita sarà in grado di svolgere una funzione più incisiva nella difesa comune […] unirsi agli Stati Uniti e ad altri Paesi nel ridurre le barriere commerciali, risolvere i problemi di carattere monetario e merceologico”.

[15] Gilbert, op.cit, pp. 76: “Il 15 maggio del 1962 dichiarò che l’Europa era troppo dipendente dagli Stati Uniti e rigettò l’idea che essa potesse essere governata da istituzioni sopranazionali come una fantasia degna delle Mille e una notte”.

[16]Ibidem, Heath sottolineva la presa di coscienza di un paese come la Gran Bretagna, la quale non avrebbe più potuto rimanere estranea al progetto di unità europea. Egli specificava i motivi per cui la Gran Bretagna avrebbe dovuto far parte della CEE: “Dichiarò che non era mai stato gradevole per la Gran Bretagna scoprire che non stava più muovendosi in sintonia con chi operava in funzione dell’unità europea. La seconda considerazione, secondo Heath, riguardava la crescente consapevolezza che, in un mondo dove il potere politico ed economico si sta concentrando enormemente, era essenziale allargare l’unità europea. […] la Gran Bretagna desiderava unire i nostri sforzi con i vostri; e unirsi per promuovere, attraverso la CEE, la massima forma possibile di unità europea”.

[17] S. Hoffmann, De Gaulle, Europe and the Atlantic Alliance, in International Organization, 18, inverno 1964, in Gilbert, Storia politica dell’integrazione europea, Bari, Laterza, 2005, p. 80: “Sbattere la porta alla Gran Bretagna […] gli sembrava meno dannoso per la sua politica [ di costruzione di un’Europa forte e indipendente] del disastro rappresentato dall’eventuale ingresso della Gran Bretagna, cavallo di Troia degli Stati Uniti, nel mercato comune, e dalla formazione  di una Comunità Atlantica non ben definita, diretta e dipendente dagli Stati Uniti”.

[18]Ivi, p. 86: “Il concetto di sovranità era un mito, perlomeno per le nazioni relativamente piccole della CEE. L’Europa doveva imparare a parlare una sola voce, se voleva contare qualcosa sul palcoscenico mondiale”.

[19]Ivi, pp. 92-93: Spaak, dopo la bocciatura del Piano Fouchet, propone e de Gaulle un compromesso: da un lato si dichiarava pronto a rinunciare provvisoriamente all’idea di un’Europa federale, e dall’altro, rivendicava un ruolo politico per la Commissione. “Caro Generale […] non ho potuto e non potrei ancora oggi accettare il Piano Fouchet. Molto sinceramente lo ritengo insufficiente e inefficace. Ma, non voglio limitarmi ad una posizione meramente negativa […]. Ho dunque cercato un compromesso. Penso che si potrebbe rinunciare momentaneamente ad un’europa federale e anche all’idea sovranazionale, se si acconsentisse di […] creare nell’ambito del Piano Fouchet, una commissione politica europea composta da funzionari indipendenti dai loro governi nazionali, incaricati di difendere l’interesse comunitario.

[20] C. G. Anta, op. cit.,  p. 93.

[21] Gilbert, op. cit., p. 89: “Essendo stato gettato il guanto la Francia lo raccolse e lo usò per schiaffeggiare la Comunità. Il 6 luglio 1965, la Francia ritirò il suo rappresentante permanente da Bruxelles e annunciò che non avrebbe partecipato alle commissioni tecniche della comunità. Cominciò così la politica della sedia vuota”.

[22]Ivi, p. 91. I ministri non trovando un accordo sulla questione del voto a maggioranza, raggiunsero un compromesso « il compromesso di Bruxelles» che riportava delle precisazioni specifiche: “ 1. Quando… sono in gioco interessi molto importanti di uno o più partner, i membri si adopreranno a trovare in un ragionevole lasso di tempo soluzioni che possono essere adottate da tutti i membri nel rispetto dei loro reciproci interessi e di quelli della Comunità conformemente all’art. 2 del trattato. 2. […] la delegazione francese ritiene che, quando si tratta di interessi molto importanti, la discussione dovrà essere proseguita fino al raggiungimento di un accordo unanime. 3. Le sei delegazioni costatano che esiste una divergenza su quanto dovrebbe essere fatto qualora la conciliazione non riuscisse completamente. 4. Le sei delegazioni ritengono tuttavia che tale divergenza non impedisca la ripresa, secondo la normale procedura, dei lavori della Comunità”.

[23]Ivi, p. 92.

[24]Ivi, 93:” La Francia nazionalista, invece, non si accontentava di accettare una blanda prosperità all’interno delle istituzioni comunitarie e sotto la protezione dell’ombrello nucleare americano. Non avrebbe accettato né la leadership americana in politica estera né il governo tecnocratico di Bruxelles in economia. Hoffmann fece notare che, nella concezione funzionalista, l’Europa era una macchina che richiedeva un costante input di sovranità da parte dei Sei per continuare a funzionare. Nella crisi del 1965, la macchina, insofferente per la lentezza degli input, aveva chiesto il diritto di fissare i propri obiettivi”.

[25] Il trasferimento di responsabilità economiche determinata dall’unione economica e monetaria è particolarmente presente nella stessa relazione elaborata dalla commissione, in cui si afferma che “ il centro delle decisioni di politica economica eserciterà in modo indipendente ed in funzione dell’interesse comunitario, un’influenza decisiva sulla politica economica della Comunità”

[26]  Gilbert, op.cit., p. 99. Verdel voleva dotare il Parlamento di maggiori poteri, principalmente di maggiori poteri di sospensione di tutte le proposte, in modo tale da armonizzare  le diverse legislazioni nazionali..

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